Le cassette della posta condominiali (del non ancora). |
Ci sono due settimane e mezzo di tempo che sembrano
brevissime e infinite prima del trasloco. In questo momento di interregno non so dove pensarmi, come immaginare il futuro. Qui da dove ora scrivo, nel divano di sempre, con il
portatile sulle gambe e i gatti vicini, non sarò più; e là è il dominio del non
ancora.
Da tre mesi, ormai, porto me stessa, diligentemente, nella
casa-cantiere; lo faccio tutti i giorni e più di una volta, quando serve, per
visionare lavori di cui non m’intendo. Mi guardo attorno, mi muovo cercando di
immaginare il posto delle pentole o quello dei biscotti e intanto accendo e
spengo senza motivo, solo per allenarmi, gli interruttori appena collocati. Non sto mai ferma, in effetti, tra
quelle mura che sanno di tinteggiatura recente. Indugio sempre un po', invece, se non incrocio nessuno, nel corridoio da basso, quello che divide il dentro, abbastanza
ben messo, del palazzo, dal famigerato fuori del quartiere che fra non molto sarà il mio.
In quel "fuori", sulla destra, si raccolgono un po’ di disgraziati della terra; nerovestiti, con la sigaretta
appesa tra le labbra e le dita gialle di nicotina, sono difesi, come da una barriera invisibile, dall’alone
dell’alcool che crea una sinuosa scia olfattiva tutto attorno a loro. Stanno lì, attratti dal minimarket con prodotti a basso prezzo, finché c’è il sole. Poi
svaniscono non si sa dove quando il negozio chiude, seguiti, talvolta, da quei
loro cani grandi e pigri, con il pelo quasi arruffato e l’aria, però, incredibilmente soddisfatta. Intanto,
sopra, al terzo piano nel quale abiterò fra poco, ci sono i colori nuovi e gioiosi che ho scelto per alternarli al bianco avorio di molte pareti. Sopra i colori della voglia di vivere e stare bene e l'azzurro di un cielo che sembra quasi a portata di mano; sotto, a pochissima distanza e in crudele contrasto, il nero, i diversi toni del grigio e la messa in scena della morte di ogni speranza.
Ulisse dormiente nello sfondo del qui e ora. |
Pianta condominiale del poi (una di due) e sua ombra più l'ombra di Io-me che fotografo le ombre |
- Sei matta a scegliere quella piazza?
Rispondo che a me, invece, piace vedere l’orologio della stazione dalle finestre della sala e dalla soglia della cucina. Quando abiterò lì potrò calcolare con quello il tempo della cottura della pasta. Ed ecco che pensando questo piccolo gesto quotidiano riesco a immaginarmi tra le cose consuete e i miei due gatti che mi si strusciano ai polpacci e rischiano di farmi cadere attraversandomi il cammino. Chissà come sarà.
Solo del
corridoio in fondo alle scale posso essere sicura; lì in basso sarà così come è
ora e questa è l’unica certezza fisica del mio futuro tornare a casa la sera.
Le due
piante dell’ingresso condominiale ricamano ombre strane nel muro, tra quella del primo portone e quella del secondo, e nell'insieme sembra quasi che ci sia una
tenda. Ed è un po’ come nella caverna famosa del filosofo, che non hai mai la certezza di quale sia la realtà più affidabile.
Rispondo che a me, invece, piace vedere l’orologio della stazione dalle finestre della sala e dalla soglia della cucina. Quando abiterò lì potrò calcolare con quello il tempo della cottura della pasta. Ed ecco che pensando questo piccolo gesto quotidiano riesco a immaginarmi tra le cose consuete e i miei due gatti che mi si strusciano ai polpacci e rischiano di farmi cadere attraversandomi il cammino. Chissà come sarà.
Ombra di portone e ombra di pianta condominiale (una di due) del non ancora. |
Riassunto delle ombre nel corridoio condominiale del poi |
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