venerdì 27 febbraio 2015

Cavalleria rusticana al supermercato.

Questo pomeriggio al mio supermercato

Quando ero bambina non era possibile assistere a un concerto vero, al mio paese. La musica dal vivo arrivava in forma di orchestra di liscio per le feste da ballo o in forma di banda, la domenica e in alcune particolari ricorrenze. Avere la banda nel paese voleva dire garantire a tutti i ragazzi, anche a quelli di condizioni economiche più disagiate, di studiare musica e imparare uno strumento. Quando ero ragazzina la banda non c’era già più e all'occorrenza ne venivano chiamate da fuori; ma per molti anni c’era stata, come testimoniavano alcune foto che ritraevano mio nonno ancora abbastanza giovane in mezzo ai musicisti locali e con la bacchetta in mano; perché anche lui l’aveva diretta, la banda, e con quella bacchetta, che ora non saprei dire dove si trova e che allora era su un certo mobile del suo salotto, alcune volte ci giocavamo; giocavamo, appunto, a dirigere l’orchestra.

Mio nonno al centro con la sua bacchetta e l'orchestrina del paese.
Non saprei dire l'anno  (io, di certo, non esistevo ancora).
Sarà per questo che le bande mi piacciono, mi mettono allegria e mi commuovono nello stesso tempo.




E’ inconfondibile l’insieme di rumori che precede l’inizio di un concerto e, ecco, questi rumori mi hanno raggiunto inaspettati mentre al supermercato consueto, una certa Coop che frequento da sempre, stavo completando la mia spesa frettolosa con l’idea di rifugiarmi presto a casa e non uscire fino a domani. Invece mi sono fermata a lungo, sorridendo al luccicare degli ottoni e nell’osservare gli occhi raggianti dei bambini radunati intorno.


Gli stessi occhi che dovevo avere io da piccola, quando la banda attraversava suonando la strada principale e noi andavamo dietro, a  tempo, canticchiando, parlando e ridendo forte perché in quel caso non c’è proibizione alcuna, a differenza di come invece deve essere a teatro durante un’esecuzione.


Questo pomeriggio il maestro, tra un brano e l’altro, spiegava come funziona la filarmonica di Pisa, i corsi che ci sono, la preparazione che offre e che permette di accedere agli esami dei conservatori. Perché nella mia città, e questo è doloroso dirlo, ci sono tante coraggiose realtà musicali - scuole, cori, associazioni - ma non c'è un conservatorio.


Da tanti anni penso che sarebbe bello riunire in un unico spazio tutte queste realtà in una specie di casa della musica condivisa: grande, accogliente, vitale, capace di  diffondere ogni tipo di suono e di offrire formazione anche a chi non ha abbastanza risorse per pagare lezioni private; e mi piacerebbe, se questa casa ci fosse, che noi cittadini la sentissimo nostra, che potessimo andarci ad ascoltare o a suonare a piacere, che ne avessimo cura e rispetto, e che le istituzioni la promuovessero, la difendessero e garantissero molto di più della sua mera sopravvivenza.




Quando hanno cominciato a suonare, questo pomeriggio, mi sono appoggiata al mio carrello della spesa, a lato dei musicisti, intrecciando qualche parola con diverse persone che conoscevo e che si erano fermate come me ad ascoltare. Ho scoperto di non essere l’unica a sognare che la musica sia accessibile a tutti e diffusa in ogni luogo, compresi quelli del dolore o quelli delle faccende di tutti i giorni, come la spesa. Ho fatto tardi, rischiando di fare scongelare i surgelati già imbustati, ma mi piaceva troppo quell’insolito accostamento di Va pensiero e del valzer di Verdi, reso famoso da Il Gattopardo di Visconti, con il detersivo per la lavatrice, le pile di rotoli di carta igienica, la frutta o la verdura.


Luchino Visconti, Il gattopardo, scena del valzer

E sentire suonare lì, in mezzo a carrelli e scaffali, le note del preludio di Cavalleria Rusticana, è stato un po’ come vivere la piccola magia di tornare d’improvviso bambina. 

venerdì 13 febbraio 2015

L'erotismo, questo sconosciuto

Auguste Rodin, Il bacio, 1886. (Scattata nel 2010). 
Sconcertata dal successo del film sulle 50 sfumature di grigio come lo fui all'epoca di quello della corrispondente trilogia cartacea, sono andata a ricercare una nota che avevo scritto in relazione a quest'ultima. Il film non lo vedrò: penso che sia anche noioso; e i libri non li ho letti per intero, ma scorsi qua e là in libreria, per farmene un'idea, aggiungendo poi altre poche pagine trovate in rete. 
Trascrivo, sintetizzandola un po', la vecchia nota.

(...) Mi sono messa a ridere da sola leggendo, per esempio, dell'erotismo del quinto (!?!) dito del piede. Ecco il copincolla: ” Mi prende il piede sinistro, mi piega il ginocchio e si porta il piede alla bocca. Osservando ogni mia reazione, mi bacia le dita una alla volta e poi le morde tutte con delicatezza. Quando arriva al quinto dito, morde più forte, e io mugolo, fremente. Mi fa scivolare la lingua sul collo del piede, e non riesco più a guardarlo: è troppo erotico."

Dopo il brivido di orrore estetico suscitato dalla descrizione del baciapiede ecco un'altra citazione, vergognosa per il riferimento in chiave positiva alle torture e ai roghi dell'inquisizione:

“Di colpo, mi sembra di aver viaggiato nel tempo ed essere approdata nel Sedicesimo secolo, durante l’Inquisizione spagnola. [...] Il pavimento è di legno antico verniciato. Sulla parete di fronte alla porta campeggia una grossa croce di legno a forma di X. È di mogano lucido, con cinghie sui quattro bracci. Sopra di essa c’è un’ampia griglia d’acciaio appesa al soffitto – quasi due metri e mezzo per lato – da cui pendono corde, catene e manette di ogni genere”. 


No, non ho comprato questi porno-melò di successo che in alcuni alberghi hanno sostituito la bibbia nel comodino. Non solo perché sfogliandoli in libreria ho realizzato che sono scritti malissimo, ma anche perché mi generano una specie di arrabbiata repulsione l'espressione "erotismo al femminile" e la poco sensata "erotismo soft"(!!??!) a essi associate. Mi sembra, infatti, che alludano a una differenza di interesse per la sessualità tra i due generi (assatanati i maschi, annoiate o rassegnate alla pratica sessuale maschile le femmine) più che ad alfabeti e interpretazioni, anche un po' specifiche, dei gesti e delle parole dell’amore.


Mi irrita, poi, l'idea che il desiderio al femminile venga associato, secondo i più vieti luoghi comuni, alle dinamiche del sado-masochismo. Mi dà fastidio, cioè, che ci si rappresenti vogliose di mettere in scena anche a letto la sottomissione e dominazione che la storia ci ha imposto o, in alternativa, il loro rovesciamento simbolico speculare ottenuto brandendo un frustino e saltellando con i tacchi a spillo sulla pancia di qualcuno che ne è felice. 


Credo che la sessualità e l'erotismo siano un modo per comunicare attraverso il corpo attrazione, emozioni e sentimento nei confronti di un'altra persona.


Un modo per mostrarsi nudi, non tanto e solo nel senso letterale del termine, come può avvenire, che so, dal medico, ma nudi perché ci si lascia andare alla sincerità dei gesti; nudi nelle nostre fragilità che sono fatte anche di brividi, di arrossamenti e pallori, di battiti accelerati del cuore e di sospiri.


Cosa c'entra l'umiliante e logora simbologia dei frustini con tutto questo? I frustini, per me, non hanno niente a che vedere con una sessualità legata all'amore. Non so se una persona che si eccita con i frustini debba farsi curare o meno e non mi esprimo qui perché è una questione complessa; quanto meno, però, dovrebbe riflettere sulla sua idea dei rapporti. Per me l'amore è reciprocità e complicità, non sottomissione o conquista.