domenica 16 giugno 2019

L'inafferrabile mistero del tempo tra psiche, baci e musica.

Montagna boschiva, anno che non ricordo (questa e le successive).
Tra una cosa e l'altra da fare per dovere, cercando, come di solito, dei diversivi che funzionino da intervallo, ho preso a spostare alcune vecchie foto in una memoria esterna per liberare un po' il mio computer. E così, riguardando in particolare queste che metto a corredo del post, mi sono messa a considerare quanto questa epoca buia ci renda prigionieri di un tempo alienato.



Ci spinge, infatti, a essere poco attenti al presente, che poi è l'unico tempo che possiamo abitare con il corpo oltre che con la mente. Lasciamo spesso, per esempio, che a livello psichico ci domini il futuro e diventiamo ansiosi e infelici a furia di chiederci quali saranno, domani, le conseguenze di ciò che scegliamo oggi.



Oppure siamo prigionieri del passato e non riusciamo a lasciarci disconfermare da ciò che di inaspettato e forse meraviglioso ci accade nel qui e ora. Una porta socchiusa e chissà dall'altra parte cosa si può trovare e se davvero vale la pena di varcarla, come saremmo tentati di fare, o se invece non sia meglio rimanere ancorati al già noto, alle abitudini nostre o a quelle legate al giudizio sociale e lasciare che sia quest'ultimo a decidere al posto nostro.



Bisognerebbe imparare, invece, a non chiederselo e a inventare ogni giorno la vita con lo stesso stupore di quando eravamo bambini e tremavamo di emozione davanti all'abete luccicante d'oro e di magia e a tutti quei doni sparsi ai suoi piedi e ancora da scartare.



Il presente non è il riformulare subito dopo, e magari a parole, ciò che ci accade. Il presente è l'esperienza nel momento in cui la viviamo ed ha a che fare con il concetto di kairos,  cioè del tempo soggettivo secondo la concezione antica.  Il kairos fa riferimento in qualche modo al momento opportuno o, se vogliamo, propizio, che occorre saper cogliere, quindi alle occasioni perdute, ma anche, in positivo, al quando ci accade qualcosa da cui siamo rapiti e mentre ne siamo avvolti non ci interessa il tempo, cronologicamente inteso, che intanto va avanti. 

Particolare da Francesco Salviati, Il tempo opportuno (1543-1545),
Palazzo Vecchio, Firenze, 

Se consideriamo il tempo come cronologia, così come deve accadere, per lo più, nelle scienze esatte, il presente è inafferrabile e talmente veloce che verrebbe da pensare che non esista.  Tuttavia il tempo soggettivo e interiore è un tempo che sa dilatare all'infinito un attimo e che si dispiega lentamente, con calma. É un tempo eterocrono e frammentato, come alcuni studiosi hanno affermato, spiraliforme e capace di ripresentarsi non come ricordo ma come di nuovo attuale, quasi oltrepassando l'esistenza.



É questo tempo il solo tempo in cui possiamo sentirci soggetti attraverso il nostro desiderare. Noi raccontiamo il tempo passato e in questo modo cerchiamo di venire a patti con quello cronologico, ma siano definiti dal tempo anacronistico che abita il dentro di noi, quello stesso che può esprimersi nell'esperienza intensa e infinita di un abbraccio o di un bacio.

Colazione da Tiffany, verso il finale. Tra i baci famosi
è quello che mi emoziona di più
Forse solo il linguaggio della musica, nonostante la sua scrittura sia scandita in base a una frazione temporale messa all'inizio del pentagramma, assomiglia a quest'idea del tempo presente.



Per quanto ci si aggrappi anche alla ripetizione di strutture melodiche o ritmiche all'interno di una composizione o, ancora, per quanto possiamo ascoltare e riascoltare un determinato brano, ogni volta si tratterà di un'esperienza irripetibile e che benché  abbia ovviamente a che fare con essa, non si trova certo nella pagina scritta di una partitura.