martedì 26 novembre 2013

Essere definita una donna forte. Già.


Non riesco più a scriverne o almeno non ci sono riuscita ieri: proprio ieri che era il 25 novembre, giorno nel quale dovremmo parlare della violenza su noi donne. Forse ne ho scritto troppo, urlando la mia rabbia a ogni nuovo fatto di cronaca, a ogni nuovo spargimento di sangue. L'ho fatto ricordando sempre che esiste anche una violenza subdola, non di rado mascherata da amore, che irradia il suo veleno mortifero in parallelo a quella fisica delle botte, dei delitti e del sangue.
J. Collier, Lady Godiva, 1898
Dovrei parlare di me. Tutte quante dovremmo farlo, quelle di noi che sono considerate - non so dire se a torto o a ragione -  donne indipendenti e forti. Dovrei dire come proprio tali caratteristiche generino a volte paura, negli uomini: di essere criticati, giudicati o persino coartati nella propria libertà. Strano paradosso, questo, perché il ricatto affettivo, il mostrarsi troppo richiestive, sospettose, ossessionate da idee di gelosia e desiderio di controllo è prerogativa di chi si sente debole e dipendente.
Dovrei dire, in circostanze come il 25 novembre (e sarei in tempo ancora oggi), della solitudine legata all'essere percepita come una donna forte, ma non voglio; per qualche motivo che nemmeno io capisco bene non mi va. 
I. Kramskoy, Ragazza con il gatto, 1882
Così, cerco qualcosa che ho scritto in passato, qualcosa che mi riguardi fino a un certo punto e parli, più che altro, della violenza subita da altre, delle botte alle quali non hanno potuto sottrarsi, delle ingiurie e delle urla, fino alla morte e al sangue. Come il film-documentario  che ho visto ieri sera.
Eccole, allora, le parole già scritte sulla violenza che riguarda altre donne. Prendo al volo le prime che trovo, cercando a caso nelle mie vecchie note di facebook. Ce ne sono tante, sul tema, e non ho che l’imbarazzo della scelta…Queste, per esempio, sono di quasi due anni fa e vanno ancora bene.
6 marzo 2012. Ha da essere muta, credula  adorante.
Delitti assurdi, ma non, come li definiscono i giornali, di semplice gelosia o passionali: si tratta di qualcosa di meno complesso del gesto di Otello.
Thomas Keene in Othello, 1884
Si tratta di mettere in riga quelle che osano troppo e questo "troppo" può essere anche solo ricevere un sms sospetto. Si tratta, altre volte, di mettere in riga quelle che pensano, che si permettono di criticare, di chiedere conto, di discutere un punto di vista. E in questo caso non sempre le si uccide con la pistola o con il coltello, ma invariabilmente si tenta di farlo dal punto di vista psicologico. Non neghiamolo, non nascondiamoci: l'Italia detiene il tragico primato europeo della violenza sulle donne e del femminicidio perché ha un problema culturale specifico che si irradia ovunque, anche dove la violenza, apparentemente, non c'è, anche nei luoghi della cultura e trasversalmente a tutte le classi sociali. La donna in questo paese ha da essere muta. Ha da essere una velina miagolante o una scolaretta adorante e dipendente alla quale si scrive il copione dei pensieri e delle interpretazioni.
Muta, deve stare, o parlare solo il linguaggio dell'emotività , dell'enfasi amorosa e del "sono come tu mi vuoi". 
J. W. Waterhouse, Lamia, 1905
Altro che coppia affiatata, come dicono sempre i vicini, dopo ogni delitto! La violenza più pericolosa è quella mielata che permette il propagarsi di quell'altra dei delitti e del sangue che fa notizia e rispetto alla quale tutti, uomini e donne, inorridiscono. Ma fermiamoci un po' a pensare e uomini, guardatevi dentro! E donne, guardiamoci dentro! Siamo sempre pronte, anche noi, nel nostro piccolo universo di dinamiche consumate, trite e ordinariamente banali, a schierarci dalla parte dell'egocentrismo e della paura di lui mettendoci contro l'altra: la madre rispetto alla compagna del figlio, la moglie, rispetto alla suocera, l'una rispetto all'altra, la rivale, quella che c'era prima o quella che viene dopo, per contendersi i favori di un uomo spesso piccolo; piccolo e impaurito. E in questa cornice angusta di esistenza nessuno, nemmeno lui, alla fine, può essere felice.

4 commenti:

  1. Maurizio Spagnesi26 novembre, 2013

    Sì, mi ricordo di alcuni tuoi commenti, a seguito di episodi di violenza sulle donne. Anch'io,a volte, ho scritto le mie sensazioni. Oggi non è cambiato molto, rispetto al passato, ma almeno se ne parla di più. Da uomo, ormai 54enne, riconosco la nostra debolezza, l'incapacità di superare il vecchio modello maschile che abbiamo ereditato dai nostri nonni e padri. Siamo cresciuti in abitazioni dove i ruoli maschile e femminile erano ben distinti, e chiari. Abbiamo visto le madri cucinare, i padri alare la voce. Le madri amarci, i padri punirci. Le madri cucire i nostri bottoni, gli orli dei pantaloni, rivoltare i colletti delle camicie per non doverne comrare di nuove. I padri uscire di casa al mattino e tornare la sera, a buio, mentre la casa profumava di minestrone, e di amore materno, di merende pomeridiane fatte davanti a un cartone animato, con la pazienza della madre, che ci teneva compagnia, in quei giorni dell'infanzia così cari, ancora al ricordo.

    Oggi sono passati molti anni, l'acqua sotto i ponti, il Sessantotto, la fine delle illusioni, la dittatura berlusconiana, l'ascesa del dio denaro. Personalmente, posso dire di non aver mai fatto violenza a una donna, e credo che occorra sempre iniziare dal proprio contributo. Riguardo agli altri, non ce lafaccio a impedire questo scempio, cerco di convincere chi mi sta vicino che la vita è sacra, che nessuno può imporre la propria volontà agli altri. Ho una figlia di 12 anni, e prego affinché abbia la fortuna di non vivere certe esperienze.

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  2. Acqua sotto i ponti: questa è un epoca di regressione e ciò che sembrava acquisito fino a venti anni fa rappresenta di nuovo un orizzonte alto e lontano sul mare. Le ragazze ricevono in dono i bonus per la chirurgia plastica da usare a 18 anni e i ragazzi sotto i 25 sono i maggiori consumatori di sostanze atte a garantire la funzionalità erettile. Tutto è ridotto a prestazione e incrementa l'ansia di essere visti, giudicati, accettati. L'educazione si realizza attraverso i modelli che offriamo, cioè l'esempio. Vedere una madre realizzata indipendentemente dal compagno è una bella e incoraggiante immagine per bambini e bambine. Allo stesso modo vedere un padre che non ha bisogno di sentirsi più importante per sentirsi amato da loro o dalla propria compagna.

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  3. C'era un'antica ninnananna toscana che tante volte ho cantato e suonato nelle manifestazioni femministe di altri tempi. Cominciava con "Dirindina la malcontenta, babbo gode la mamma stenta / babbo va all'osteria / la mamma tribola tuttavia /" e dopo qualche strofa finiva con "...babbo allora le dà le botte / mamma piange e urla forte/ babbo allora le dà la morte". Mi torna in mente spesso, da qualche anno a questa parte, mentre quando la cantavo mi sembrava solo la testimonianza di qualcosa che per lo più apparteneva al passato.

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  4. Purtroppo come hai detto anche te, viviamo in una forte regressione e sembra he la mente umana non si evolve. Il mondo è circondato da troppa violenza e inizierei propria dalla tv e dalle famiglie, che ignorano completamente molti valori.
    Saluti a presto.

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