Frequentare la rete significa che si trascurano o annullano i nostri legami affettivi? E' in realtà solo uno sciocco pregiudizio colorato di paura.
Io, per esempio, ho molti amici e relazioni. Parlo volentieri con loro davanti a un caffè o condividendo una cena, passeggiando o guardando insieme un tramonto. Spesso esco con qualcuno di loro, la sera, dato che non guardo la Tv. Quella sì, davvero, si sostituisce alle relazioni!
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G. Boldini, Giovane donna che scrive |
Mi capita da tempo di sentirmi dire: “Ma quanto scrivi su facebook! Ma quanto tempo hai da dedicare! Io invece...”. In realtà non ho molto tempo libero, anzi. Ci sono periodi nei quali sono più attiva, per la scrittura in rete, altri nei quali sono più silente; dipende...Certo è che scriverei comunque, anche senza facebook o questo blog, come ho sempre fatto fra diari, appunti e lettere. C’è chi si consola e rilassa guardando la televisione e chi leggendo, chi facendo sport e chi, come nel mio caso, scrivendo. E non impiego così tanto del mio tempo come può sembrare perché si tratta in genere di guizzi veloci, poche righe senza riflettere troppo, sull’onda di un’emozione o di un pensiero del momento. In ogni stagione della mia vita ho sempre scritto, moltissimo e anche senza interlocutori.
Come tutte le persone che sono nello stesso tempo desiderose di socializzare, ma hanno bisogno di spazi di solitudine, ho da sempre l’abitudine di usare la parola scritta per chiarire a me stessa il perché di un'esperienza o per sfogare sentimenti, desideri e paure che forse non trovano accoglienza sufficiente.
Io me, in altri tempi e contesti |
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J. Vermeer, Signora che scrive una lettera, 1665 |
Si possono poi incrociare in rete idee e persone che altrimenti non avremmo raggiunto mai e generare ponti di ponti, legami, catene di pensieri, per sentirsi parte di un’umanità più vasta di quella del proprio piccolo mondo lavorativo o condominiale. Ho anche, ne rassicuro chi pensa che la rete tolga spazio alla relazionalità diretta, rapporti di varia natura, che coltivo nella condivisione di esperienze e nello scambio diretto dei pensieri e delle emozioni.
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Dal film Frankenstein, James Whale, 1931 |
Ma perché così tanta paura e diffidenza nei confronti degli strumenti di comunicazione che amplificano le potenzialità del nostro corpo? La mia voce non oltrepassa quelle decine di metri che sono anche il limite della vista e perciò ho bisogno del telefono...e il telefono non mi impedisce, quando è possibile, di passeggiare con il mio interlocutore o di condividere un caffé. Inventiamo protesi per la nostra fragilità e poi ne siamo intimoriti: come il dottor Victor von Frankenstein, protagonista dell’affascinante romanzo di Mary Shelley, che teme, ripudia e abbandona la propria Creatura: il mostro Frankenstein o il moderno Prometeo.
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