lunedì 29 settembre 2014

Lo spicchio di luna



La luna è un piccolo spicchio nel cielo tutto blu. I ragazzi e le ragazze camminano in gruppo e parlano tutti insieme, mentre ridono. Non c’è fretta di arrivare e si può camminare lentamente, guardare il cielo, respirare il silenzio. Poi il largo corridoio, giù, da basso, l’ascensore e la porta che si chiude lasciando fuori, nella notte, lo spicchio di luna con i pensieri belli della strada del ritorno. 


domenica 21 settembre 2014

La gioia di vivere


La Toscana è la mia terra: ne amo i colori, i profumi, le storie. Mi piace scoprirne nuovi angoli e magari condividere buoni piatti in un piccolo borgo qualsiasi. Ho trascorso, così, una domenica gioiosa, eppure venata anche un po' di malinconia.


La malinconia è un sentimento vitale che si genera, spesso, dalla paura di perdere qualcosa di prezioso che ci fa stare bene. Si lega alla gioia di vivere e può arrivare, improvvisa, a interrompere un intreccio di battute e risate, come un brivido sottile per il primo freddo d’autunno.


In questa mia domenica irrompe, per esempio, nel ricordare che il “dolce e forte”, tipico della cucina toscana più antica, era uno dei piatti che preparava la mia nonna. Oppure attraversando il nastro grigio della strada che divide le distese di ulivi contorti dai filari di viti, guardando i profili dolci delle colline e già immaginando i colori appassionati dell’autunno. O perché, ecco, riconosco il verde dei piccoli vetri dei pali della luce che brillano al sole come quelli di quando ero piccola e che non si trovano più.


Nel guardarli mi commuovo come di fronte a un’opera d’arte.




Con il cuore già predisposto alla commozione ho poi la fortuna di assistere a uno spettacolo bello e coinvolgente che parla di attese vane, di perdite, del senso della vita e della Storia. Si intitola “La bimba che aspetta” ed è scritto e interpretato da Elisabetta Salvatori. La sua voce calda, il violino, la chitarra e la fisarmonica rendono viva una storia del passato, ma anche le leggende create attorno a essa nello sfondo di speranze di mondi migliori e di utopie di altri tempi. Poi l’auto che corre nella notte scura, il cuore che batte forte e nella mente il giallo dei campi ancora profumati d'estate.

domenica 14 settembre 2014

Le nuvole nere e il grano della vita


Vincent Van Gogh, Campo di grano con volo di corvi, 1890
Come il volo di corvi neri su un campo di grano.  Stamani: vedere di nuovo quella camicia arancione, il mio colore preferito, e la testa un po’ china da un lato di un uomo che aspetta di morire, i suoi occhi come fessure puntate verso l’orrore. Ronzio alle orecchie, nausea, cuore che batte forte, immagini rapide di tutta una vita e il tentativo vano di abbracciarle un'ultima volta, in un attimo dilatato dalla paura. E accanto l’uomo nero, come quello che minacciavano in altri tempi ai bambini, che lo tiene in pugno. Ronzio anche alle sue orecchie, cuore che batte forte, eccitazione e paura insieme, ma poi, quando la voce si alza nel proclama, il vuoto dell'anestesia emozionale. Uno è inginocchiato accanto al padrone della sua vita, l’altro, rigido e anestetizzato, è in piedi, avvolto nelle sue parole di onnipotenza come in un mantello più nero di quello che gli copre il volto e il corpo. Misera umanità, la nostra. 

V. van Gogh Autoritratto con orecchio bendato e pipa, Arles, 1889
Quest’anno dedicherò il mio corso all’intersezione tra storia individuale e storia collettiva rispetto al conflitto, all’aggressività e alla rabbia. Le violenze collettive sono legate a guerre, genocidi, massacri e torture, a conflitti politici, territoriali, culturali e religiosi; ma anche, in maniera più subdola o meno visibile, all’organizzazione del lavoro e delle relazioni sociali. Riguardano in primo luogo le vittime e gli autori, certo; però riguardano anche i testimoni, compresi quelli a distanza. Come noi, stamani. La nostra domenica di sole è ferita da quell’immagine - l'uomo arancione e l'uomo nero - che non riesco a cacciare dalla mente. 


Nel filmato: il (bellissimo) sogno di Van Gogh, di Kurosawa.

mercoledì 10 settembre 2014

Primavera, estate, autunno, inverno... e ancora primavera

Dal film "Primavera, estate, autunno, inverno…e ancora primavera"
di Kim Ki-duk, 2004
Tutti noi, probabilmente, abbiamo degli appuntamenti che si rinnovano di anno in anno. Una rassegna di qualcosa, un certo festival, una ricorrenza. Ne abbiamo bisogno, forse, anche per fare raffronti e per ricordarci che tutto cambia e nello stesso tempo tutto si ripete; o anche che le cose che sembrano perdute prima o poi ritornano, magari sotto mutate vesti. 
Uno di questi appuntamenti, per me, è a settembre, il nove, giorno della festa del mio paese di origine.

9 settembre 2014, Montecatini Val di Cecina. 
I fuochi di artificio dal terrazzo della casa di mio padre.
Credo di non essere mai mancata, negli anni.
Quando ero piccola si trattava di tre giorni di festa nei quali tutti gli adulti con i quali noi bambini avevamo a che fare più da vicino erano tenuti (dico TENUTI) a farci un regalo comprato ai banchi della fiera. Dunque, noi andavamo in avanscoperta, passavamo in rassegna tutti i giocattoli e poi ritornavamo con loro a guardarli facendo in modo di indirizzarli verso la scelta giusta.

9 settembre 2014. Nel giardino di mio padre di meli c'è solo questo.
E' ancora estate, in teoria, ma già si sente l'autunno.
E poi, naturalmente, c‘erano tutte quelle cose che ai bambini di oggi non dicono più niente, tipo i dolcetti da fiera e le giostre, una per piccoli  e una, più pericolosa, per giovani.
Da ragazzine mia sorella e io eravamo bravissime a giocare con la seconda giostra, comunemente chiamata “calcinculo”. Consisteva in tanti seggiolini come quelli dell'altalena, appesi con catene a una specie di tetto a pagoda, molto in alto. La giostra girava sempre più  velocemente e i maschi dovevano spingere i seggiolini di noi femmine che dovevamo afferrare al volo il nastro appeso a un lungo palo. Ieri, per l’appunto, con mia sorella, abbiamo incontrato dopo diversi anni uno dei migliori "spingitori" di seggiolini.

9 settembre 2014. Davanti alla casa di mio padre 
i crochi gialli arrivano, ogni anno, sul finire dell'estate.
Sempre ieri di amici ne ho incontrati tanti altri, ex compagni di scuola e del tempo libero. In pratica erano tutti quelli che non sapevano ballare, se non il ballo del mattone; cioè tutti quelli della mia generazione. Si ballava per tre sere di seguito, quando ero una ragazzina, l'otto, il nove e il dieci settembre,  ma io preferivo persone più esperte dei mie coetanei, tipo gli amici di mio padre, i miei zii o mio padre stesso. A me piaceva proprio il ballo in sé e ballavo, ballavo, fino a notte fonda, emozionata per i primi tacchi alti e  inguainata nei primi abiti da sera.

Ancora da "Primavera, estate…" di Kim Ki-duk
Agli appuntamenti annuali, come quello di ieri, penso sempre a chi non incontrerò più. A persone giovani a cui ho voluto bene e che hanno avuto la vita spezzata. Ad altre, meno o non più giovani, che sembra altrettanto strano, per non dire assurdo, che non ci siano.

Sempre dal film di Kim Ki-duk
Penso, però, anche a quelle che negli anni passati non avrei potuto incontrare perché non erano ancora nate o perché non le avevo ancora conosciute e che ora, invece, condividono una parte del mio percorso. E allora, salutando a notte fonda i tetti arroccati delle case del mio minuscolo paese, mi si allarga il cuore e sorrido.



Ancora da "Primavera, estate…" di Kim Ki-duk
Mi torna in mente il bellissimo film di un regista che amo, Kim Ki-duk. L'immagine più viva nella mente è quella del monastero galleggiante sul lago, nelle cui acque gli alberi si riflettono, come i ricordi nella nostra psiche, e non sai più quale luogo sia più vero o più importante, se quello di dentro o l’altro. Poi capisci che è il dialogo tra queste due realtà, nel ritorno ciclico delle stagioni, a creare il senso delle esperienze.



Ancora da "Primavera, estate…" di Kim Ki-duk