venerdì 30 dicembre 2016

Ricalcare i propri passi


Roma, dicembre 2016
Riordino le foto di Natale e dintorni e faccio bilanci, un po’ per rito e un po’ per gioco, come sempre succede quando termina un anno e sta per arrivare quello nuovo. 

Roma
Questo è stato un Natale strano, anomalo; il primo che non ho trascorso in una certa casa, guardando dalle finestre la linea dolce delle colline familiari e cantando e giocando insieme agli altri della mia numerosa - o ex numerosa – famiglia. 

Roma

Ero invece a Roma. Roma che a volte ti si mostra trasandata, forse persino becera, scurrile, frastornante, ma altre invece ti accoglie aperta in un abbraccio fatto di sole, di profumi, di voci di bimbi e di malinconia sottile e discreta che ti genera tenerezza per le sue illusioni, per una grandezza antica e perduta di cui si respira ancora il rimpianto.

Roma
Ho camminato sulle mie stesse impronte, diverse negli anni, e su quelle della storia, con lo stesso rispetto guardingo e timido.

Roma
Così come ho fatto nei giorni seguenti, rientrata a Pisa, passeggiando nel lungo viale che ha raccolto ogni mia confidenza, gioiosa o dolorosa, in tutte le stagioni che ho attraversato e ancora oggi continua.

Viale delle Piagge - Pisa, 28 dicembre 2016
Il fiume scorre lento, indifferente e silenzioso mentre ti perdi a guardare i riflessi tremuli degli alberi e delle nuvole nell’acqua appena un poco increspata.

Viale delle Piagge - Pisa

Ti proibisci da sola di voltarti indietro, di pensare alla casa fredda, vuota e silenziosa, alle pietre della parte antica del paese, ai rebbi delle forchette che mani sapienti di madre o di nonna muovevano alacremente trasformando in candida neve la chiara dell’uovo e poi quell’impasto giallo e appiccicoso nei dolci che profumavano la cucina.


Viale delle Piagge

Restano gli alberi, le foglie e l'erba, lo scorrere dell'acqua, la brezza sottile e i riflessi di cose e persone. Restano i luoghi, l'acciottolato delle strade, le panchine e le pietre, testimoni muti e inossidabili dell'inafferrabile.








venerdì 9 dicembre 2016

Del cattivo uso della musica e dell'assassinio della poesia.

La poesia della mia città non è riposta nel frastuono e nella musica assordante sparata dagli altoparlanti.
Spero che almeno nei giorni di lavoro ci sia risparmiata: la musica a volume stratosferico che ieri sera, ancora dopo le 20, invadeva il campo mentale di chi, come me, cercava di rilassarsi passeggiando in città. Sparata a volume altissimo da diversi altoparlanti ubicati nei punti strategici dello shopping, mi ha costretto ad affrettare il passo per liberarmi dal fastidio alle orecchie, dal cerchio alla testa, dall'impossibilità di fare una telefonata o salutare una persona incontrata per caso. 


Gli studi di neuro-musicologia in relazione al consumo sono ormai più che trentennali e se ne sa molto. In parte si connettono - volendo - anche con ciò di cui mi occupo io in relazione ai processi di apprendimento e ai percorsi conoscitivi, ma anche agli effetti della musica sul nostro benessere psicofisico. L'uso disdicevole - eticamente parlando - della musica nell'induzione al consumo, è ormai un dato di fatto. Se al cinema vado a protestare per il volume troppo alto mi dicono che è solo al momento della pubblicità e che DEVE essere così. 


La poesia della mia città, di giorno

Io cerco di portare avanti la mia battaglia persa e protesto anche nei bar dove il volume così alto della musica, spesso distorto dalla non buonissima qualità delle casse e con troppa enfasi sui bassi, impedisce di fare ciò per cui si entra in luoghi simili: se da soli per riposare la mente, se in compagnia per dialogare, sempre in maniera rilassata e magari senza dover urlare. Se protesto i gestori si adombrano e così, spesso, non vado più in quel certo esercizio e ne scelgo di più confortevoli. Finché esisteranno e resisteranno alla moda. Ora, in molti, per esempio, mettono la televisione sopra i tavoli, a volume alto e su un programma a caso. 





La musica condiziona i nostri acquisti e per questo da tempo è utilizzata in negozi, ristoranti e supermercati. Le ricerche in proposito sono tantissime. Ce ne sono diverse, per esempio, legate alla scelta del vino. Si è visto che la somministrazione di musica francese come sottofondo, in un'enoteca, genera un aumento della scelta di vini francesi e lo stesso succede con musica tedesca rispetto ai vini tedeschi e così via. Si è visto anche che la musica classica determina un aumento della scelta di vini d'annata e più costosi e raffinati, rispetto a quella pop e ritmata; ma mi fermo qui con gli esempi. 



Dunque, ieri sera, mi sono sorbita una musica a volume esasperante, letteralmente sparata dagli altoparlanti, chiedendomi, angosciata, se chi ha deciso di spingerci così allo shopping natalizio ce la somministrerà, non richiesta, anche nei giorni feriali o se dovrò rintanarmi in casa fino al 2 gennaio. Perché d'inverno fa buio presto e di passeggiare in campagna non se ne parla, dopo le 16. E' tempo di crisi per acquirenti e per commercianti, ma non è con i trucchi che si incentiva la nostra economia e soprattutto non attraverso l'induzione ingannevole a comprare ciò di cui non si ha bisogno, rimpiangendo le eventuali scelte impulsive nei giorni seguenti! 


E poi, lasciatemelo dire: almeno studiate bene la questione! Perché contrariamente a quanto si pensa quando si vuole fare gli aggiornati senza aggiornarsi, la musica condiziona le nostre scelte, ma anche in senso negativo. Allora sappiate che, per esempio, il volume tropo alto spinge le persone ad affrettarsi e così il ritmo troppo sostenuto, perché non rilassa, ma incalza: quindi è controproducente anche per la vostra attesa consumistica, per il desiderio di farci spendere. Nei ristoranti, per esempio, i molti studi in proposito hanno mostrato come una musica ad alto volume e molto veloce induca a scegliere piatti più banali e di più rapida assunzione; e che i consumi di piatti più complessi vengono incrementati da musiche lente e considerate più raffinate. Insomma, secondo molti studi, a musica considerata più raffinata si associano consumi considerati più raffinati, cioè più costosi. 





Sappiate anche che una musica più familiare sembra scoraggi gli acquisti perché attira su di sé l'attenzione distogliendola dalle merci. Almeno, se si vuol fare una canagliata alle persone già messe in ginocchio dalla crisi, inducendole a comprare oltre le proprie possibilità e ben al di là dei propri reali bisogni e desideri, che la si faccia dopo averci studiato un po' meglio! Spero che le persone non si siano bevute tutte il cervello; che, come invece ormai succede da alcuni anni, non si facciano stordire dalle tante lusinghe, ora anche sonore, tese a ingannarli, intorpidendo la loro capacità di giudizio. 



Passeggiata sulle mura - 4 dicembre 2016
Spero che questi giorni di attesa del Natale non diventino, per me, un supplizio ancora maggiore di quanto non lo siano stati negli ultimi anni. Spegnete quegli altoparlanti in Corso Italia e in Borgo! E' quasi una supplica, la mia! Le città piccole, come Pisa, devono cercare il proprio fascino nella poesia: il fiume che scorre lento sotto il ponte, qualche albero di Natale, poter passeggiare a piedi in tranquillità e magari anche delle musiche, ma che ci invitino a rilassarci, non che ci perforino i timpani e obnubilino i pensieri! 

E, considerazione a margine, ma non troppo: come pretendiamo di insegnare ai giovani che non è nel rumore assordante e avvolti nel volume alto di musiche sparate a caso che si sta bene? In fondo, la filosofia dell'operazione sonora di musiche all'altoparlante e di quanto accade, a volte, in contesti ipergiovanili, non è diversa: è legata all'idea che rumore, folla, stordimento, suoni casuali e assordanti ci facciano sentire meno seriali ed è invece vero proprio l'opposto. Pensiamoci un po' tutti e cerchiamo di partire dal buon esempio, prima di criticare.