Un pezzettino di Coro - Requiem di Mozart, 2 giugno 2015 (Siamo un numero variabile, a seconda degli anni, da 130 a 160 circa del 2015) |
Non riesco a immaginare la mia vita senza la
musica. Ne ho bisogno per ragioni opposte. La cerco quando devo concentrarmi su
qualcosa, ma anche quando devo distrarmi da qualcos’altro. La cerco per
consolarmi, per attraversare meglio un dolore, oppure per moltiplicare la mia
gioia di vivere e condividerla.
Sempre il coro dell'Università di Pisa, al Teatro Verdi, per il concerto di Natale |
La musica è la stimolazione più antica alla
quale siamo soggetti, fin dalla nostra nascita e in parte anche prima. In un
certo senso si potrebbe dire che tutti nasciamo esposti alla musica perché fin da subito siamo accolti da parole delle quali non comprendiamo il significato,
ma solo la prosodia, cioè i sentimenti di chi si rivolge a noi. Quella musicalità emozionante e il ritmo del cuore, il suo battito ora lento
nell’abbraccio rassicurante, ora accelerato nell’attesa e nel desiderio del
ritorno di quell’abbraccio stesso, ricamano tutti i nostri affetti. Il ritmo del cuore, del resto, è lo stesso del ninnare, lo stesso che in certe
religioni accompagna la preghiera, lo stesso dei balli più trascinanti e infine
lo stesso anche del dolore disperato e della tensione che ci fanno muovere il busto
avanti e indietro, proprio come fanno i folli.
Non potrei immaginare
la mia vita senza la musica. Da quando mi alzo a quando mi corico per dormire e
poi forse, chissà, anche nel sonno, io canto sempre. Lo faccio, magari,
sottovoce, oppure con il solo pensiero, ma a volte anche a gola spiegata, se nessuno può sentirmi.
Mi mancano. Dico le prove del coro: quel
piccolo appuntamento, due sere a settimana, nell’ora in cui di solito si va a
cena.
Quello di cui faccio parte, poi, è un coro particolare. E’ legato
alla comunità in cui lavoro: l’Università di Pisa.
Insieme all’orchestra, di formazione più recente, costituisce il Centro di
Ateneo per la diffusione della cultura e della pratica musicale di cui vado
fiera perché non è scontato investire in esperienze culturali di questo genere.
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L'Orchestra dell'Università di Pisa (una parte) - Teatro Verdi |
Mi mancano le prove, l’incontro disordinato e
caotico tra persone che arrivano chiassose, che si raccontano e scherzano fin
dalle scale della vecchia Facoltà di Lettere e Filosofia, che si coprono con il rumore l’un l’altra e poi, all’improvviso, si
dispongono ordinate e in silenzio tra i banchi e non si prevaricano più, ma attendono
di armonizzare le voci, il tono, il volume, per respirare il senso di essere
molti e uno nello stesso tempo.
Cantare insieme significa, soprattutto, sentire che non contano le differenze, neanche quelle di età, di ruoli sociali, del vivere un momento della propria vita colorato di tristezza o invece di gioia, perché la musica è condivisione e anche le emozioni
rimbalzano dall’uno all’altro.
No, non ho proprio ricordi che non siano anche sonori. Mio padre ha più di 93 anni, ma suona ancora l'armonica a bocca come quando eravamo piccoli e ci divertiva e acquietava con quella.
A volte prende in mano la fisarmonica, anche se è pesante e si stanca presto.
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Mio figlio è quello più piccolo dei due nipoti, quello che ascolta a bocca aperta... |
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Rubata dalla pagina Fb dell'Orchestra dell'Università di Pisa (di cui i due contrabbassi fanno parte) |
La foto dei due contrabbassisti è meravigliosa!
RispondiEliminaSono approdato a questo blog da un link FB del mio amico (e cugino di 2. grado) Carlo Catarsi.
RispondiEliminaIo stesso - Fabio Corsi, esaminatore di brevetti all' Uff. Brevetti Europeo di Monaco di Baviera - ho sempre amato la musica e da circa 4 anni ho (ri)scoperto la mia voce cantando in un coro. Voglio solo dire che qui leggo alcune cose che capisco e condivido al 100% : "Non riesco a immaginare la mia vita senza la musica", ; "tutti nasciamo esposti alla musica", "Cantare insieme significa, soprattutto, sentire che non contano le differenze, neanche quelle di età, di ruoli sociali, del vivere un momento della propria vita colorato di tristezza o invece di gioia, perché la musica è condivisione e anche le emozioni rimbalzano dall’uno all’altro".
Forse un po' retoricamente, grazie.
Questo blog ha diverse visualizzazioni giornaliere, però non posso sapere di chi sono e cosa pensa chi legge. Infatti, non so bene perché, l'aspetto critico dei blog è che i commenti sono rari. A volte, incontrando qualcuno per strada, capita che mi parli di qualcosa che ho scritto qui e mi fa piacere, ma il riscontro immediato me ne fa di più. Perciò: grazie a te per il commento!
EliminaLa leggo sempre con moltissimo interesse, se non commento è perchè lei cattura completamente lo spirito di chi legge infondendogli un senso di completezza. Per meglio dire, ci si riconosce nei sentimenti, si resta sorpresi dalle immagini, si avverte il desiderio di ringraziarla per le sue condivisioni, per questa sua esistenza a cui lei cerca di dare continuamente un senso, riempiendo vuoti con la saggezza di chi sa lasciarsi andare ai vuoti stessi. In conclusione, aggiungere un sola parola, sembra d'interrompere i ritmi di un suono o una poesia.
RispondiEliminaIn effetti il lato debole dei blog, secondo me, è la rarità dei commenti, perciò si va a fiducia. Io vedo solo quanti leggono i miei post, ma non so chi sono né cosa pensano a meno che non lo scrivano. A volte c'è anche qualcuno che mi scrive in privato, nella mail, per un commento, a qualcosa che ho scritto, ma non vuole farlo qui dove altri leggono. Perciò grazie per questo commento pubblico e per l'apprezzamento!
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