sabato 25 aprile 2015

Un 25 aprile malinconico



Mi capita sempre meno di rado di sentirmi così, come Anna Magnani in questo fotogramma del film che è diventato un po' il simbolo del 25 aprile: "Roma città aperta". Mi piacerebbe condividere con qualcuno questa giornata come ho quasi sempre fatto, attorno a buon cibo e buon vino, con amici, ma anche con persone sconosciute che per un giorno è come se amici lo fossero anche loro. Oggi che il 25 aprile lo ricordo da casa, rifletto in maniera un po' malinconica sul suo significato. E mi scopro a pensare che il fascismo sia tornato a vivere in forme mascherate e subdole. Lo intravedo, per esempio, nel bisogno di un capo che decide se punirci o premiarci, come un babbo che si fa buono o cattivo a seconda della nostra compiacenza rispetto a ciò che si aspetta da noi. Mi sembra che il nostro diventi sempre più un sistema basato sul paternalismo e questo significa che qualcuno decide quello che è bene per noi e per il paese e che noi, i sudditi-figli, non dobbiamo comprendere, ma fidarci e delegare.


Lo riconosco, il fascismo, nelle nuove forme dell’essere cinici ed egoisti, nel “me ne frego” di fronte ai morti innocenti dei barconi della speranza e dell’orrore che non si attenua nemmeno per i cadaveri dei bambini. Lo riconosco nel “me ne frego” di quella Camera vuota, nella quale meno di 40 deputati hanno ascoltato le notizie sull’uccisione dell’operatore umanitario Giovanni Lo Porto.


La Camera deserta mentre si dà notizia della morte dell'operatore umanitario Giovanni Lo Porto

Lo riconosco in chi è convinto che possano esistere “droni intelligenti” o "bombe intelligenti” mentre io trovo assurde e insensate queste espressioni. 


Stessa seduta della Camera

Sono convinta, infatti, che solo gli esseri viventi, e non le cose, possiedano quella capacità adattiva rispetto all'ambiente e agli altri che chiamiamo “intelligenza” e che troppo spesso identifichiamo con una mera competenza tecnica e formale, come mettere in serie dei numeri secondo un criterio o formare figure geometriche secondo un altro. L’intelligenza non è quest'arida capacità formale che ne rappresenta un'esile e poco significativa conseguenza, ma il saper comprendere le situazioni e le relazioni e l'essere disponibili a trasformarsi rispetto a esse e in base a un proprio progetto di vita. L'intelligenza, secondo me, si esprime al suo massimo livello quando riusciamo a metterci anche dal punto di vista dell’altro e a vederlo come un volto; un volto simile al nostro. Quando riusciamo a superare una visione angusta e meschina dell'esistenza basata solo sull'immediatezza del nostro egoismo o sulle nostre paure. 

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Giovanni Lo Porto
Lo riconosco, il fascismo, nel credere disincantato che chiunque si mostri generoso nei confronti di chi è in difficoltà, chiunque coltivi un sogno di uguaglianza e di giustizia sia un ingenuo, un immaturo, uno fuori dal mondo. E la malinconia sta tutta qui: nel pensare che forse il cammino della liberazione è più complesso di quanto quelli che sono venuti prima di noi avevano immaginato in quel lontano 25 aprile di 70 anni fa.

mercoledì 22 aprile 2015

Il sogno di un mondo migliore


Non ci sono le immagini dei barconi, dei cadaveri e dell'acqua scura che li ha inghiottiti, ma le foto dei fiori della primavera: per ricordare che sognavano di raggiungere un mondo migliore.
Quest’anno non so se farò in tempo a vedere la fioritura delle piante di mio padre perché per ora non posso certo guidare, e allora metto le foto della primavera scorsa. 
Da ieri, però, non devo più saltellare e arrancare a galletto zoppo, perché ho il permesso del cosiddetto “appoggio sfiorato” del calcagno - sempre usando le grucce - e mi sento come rinata. 


Però, un po’ lo stordimento del “dopo”, un po’ l’involontaria inazione, in questi giorni mi sono immalinconita parecchio nel leggere le notizie. Allo sgomento per le centinaia di morti innocenti, vittime delle guerre di cui gli scafisti non sono che un fenomeno conseguente, si è aggiunto quello per le reazioni disumane, egoiste, talvolta inconsapevolmente venate di ipocrisia, di moltissime persone. Forse - e questa è una paura - sono forme di egoismo o di ragionevole cinismo che appartengono alla maggioranza degli italiani.


Di fronte a tragedie come quella del naufragio e dei morti nel Canale di Sicilia ci si aspetterebbe una gara generosa per mettere a disposizione spazi e risorse. Invece, sia pure tralasciando chi plaude e si rallegra, noto che per lo più, tra chi esprime cordoglio, non si parla di cordone umanitario o di nuove politiche europee, ma di sicurezza delle coste. E' la logica di “Triton”, che ha portato l'Europa alla scelta, per me sciagurata, di sostituirlo all'operazione "Mare nostrum". 



Per lo più, inoltre, in questi giorni non si parla prioritariamente di vite umane da salvare, ma di misure rispetto ai flussi incontrollabili di chi fugge da una morte certa per correre il rischio di una morte possibile su un barcone. Queste persone, questi morti e quelli che sono sopravvissuti e la visione della morte innocente la portano nello sguardo, chiamiamoli “esseri umani”, non “migranti”. Anche se lo sono. Serve per ricordare che pesano sulla nostra coscienza e non solo su quella degli scafisti.

sabato 18 aprile 2015

Una forzata clausura

Agrigento - Ex convento di clausura 
Chi ne ha rotti due, chi tre, chi anche di più e ha ulteriori lesioni. Io ho una frattura scomposta, va bene, però si tratta di un solo osso e per di più piccolo: cosa vuoi che sia rispetto agli altri casi! E poi, dalle tante telefonate o messaggi di amici, ricavo la notizia che quasi tutti sono passati dal gesso e dalla clausura forzata, spesso anche dall’intervento e dal dolore. Sicché, cosa vuoi che sia: la situazione l’hanno superata loro, dunque la supererò anch’io.


Blu usurpatrice

E' ciò che mi ripeto continuamente dal momento della caduta, ma questa è la mia voce razionale. Quella emotiva dice ben altro e già che c'è mi ricorda, subdola e insidiosa, tutti i piccoli e meno piccoli progetti ai quali ho dovuto rinunciare; quindi mi suggerisce, la perfida, che chissà quante altre volte mi ricapiterà di cadere e farmi male dato che sono distratta e impulsiva. 

La loro ombra
La voce emotiva diventa preponderante nelle notte dopo l'intervento, insieme al dolore del post anestesia e all’angoscia che lo accompagna e che mi tiene sveglia mettendo in disordine la mente.


Thomas Hirschhorn, Indoor Van Gogh Altar, Arles 2014

Stanotte, però, ho dormito e infatti ora va meglio. 

Rispetto alla mia esperienza attuale conservo un ricordo molto positivo di tutte le persone che ho incrociato in sala operatoria; sono riuscita persino a scherzare e a scambiare battute con loro che mi regalavano molti sorrisi, un accenno di carezza sul braccio o sulla guancia e intanto mi tranquillizzavano spiegando tutto con calma e competenza.

Thomas Hirschhorn, Indoor Van Gogh Altar, Arles 2014

Non posso dire altrettanto del personale di corsia, nella quale tutto dipende da chi ti capita. C’è chi sorride e dice buongiorno ed è gentile e chi comunica quasi solo a gesti, ostenta il muso lungo per chissà quali sue traversie personali, non spiega niente, non dà indicazioni, non compie un gesto che non sia dettagliato nel mansionario (il sorriso di certo non c’è) e ti guarda come se fossi trasparente.

L'usurpatrice 2
A casa, finalmente, ti immagini di poter mettere in atto quello che tutti ti stanno consigliando: approfittare della situazione per riposarti, guardare qualche bel film, leggere, forse anche scrivere. Invece non ce la fai. All’inizio per il dolore; poi, quando lo tieni a bada e si placa un po’ anche naturalmente, perché la testa è come intorpidita e ti senti confusa, spossata e debole.


Thomas Hirschhorn, Indoor Van Gogh Altar, Arles 2014

Il riposo non scelto, del resto, non è così gradevole perché viene riempito dai pensieri involontari. Pensi e pensi e ti senti un’ingrata nei confronti della vita per non essere stata sempre in grado di apprezzare quello che avevi e che momentaneamente è sospeso; come la tua autonomia e libertà o come la possibilità di godere di tante cose belle: la natura, il cinema, una serata fuori condivisa, un concerto o uno spettacolo.


Sempre Agrigento, sempre ex convento di clausura
Ora ogni piccolo gesto banale sembra un’impresa. Impari ad arrangiarti muovendoti su un piede solo, ma cedi ogni tanto al lamento, qualche volta anche allo scoraggiamento perché l’altro piede, quello malconcio, ti fa male dopo poco che non lo tieni sollevato; oppure perché i tempi delle azioni consuete sono lunghissimi o anche perché scivoli, perché per poco non cadi di nuovo e ti spaventi molto.


Thomas Hirschhorn, Indoor Van Gogh Altar, Arles 2014
Oggi va molto meglio, lo ribadisco. Riesco anche a scrivere questo post. In questi giorni ho sperimentato ancora una volta quanto sia essenziale la rete amicale delle donne nei momenti di crisi. Alle amiche vere puoi raccontare, se vuoi, tutto quello che ti passa per la testa quando stai così; e puoi affidare loro anche la tua paura di invecchiare, che non è legata alle questioni estetiche, ma alla possibilità di non essere più, un domani, autonoma e libera come ti sei sempre voluta sentire. 

Thomas Hirschhorn, Indoor Van Gogh Altar, Arles 2014

Penso che per me si tratta di una clausura forzata e di una maggiore fragilità psicofisica temporanee e mi vengono in mente i tanti bambini e giovani disabili con i quali ho interagito prima dell’attuale professione. Per quanto abbia sempre avuto la sensazione di immedesimarmi profondamente nella loro condizione, ora mi rendo conto che non avevo che una pallida idea delle loro paure e difficoltà. Poi penso anche a mia madre, a quella sua malattia che l’aveva resa dipendente dagli altri per ogni più piccolo gesto o bisogno, senza, purtroppo, toglierle la consapevolezza. 


Ancora Agrigento, ancora ex convento di clausura


L'ho già scritto: oggi va meglio. Così decido di dedicare energie a un gesto di cura non medica per me. Ed eccomi in precario equilibrio nel bagno, felice di massaggiarmi la gamba buona con una crema idratante profumata e poi dedicarmi allo stesso modo anche a quel che è scoperto della gamba transitoriamente parassita. Sì, oggi va davvero meglio: riesco anche a scrivere  e persino a pensare all’estate.

Il tipico sonno vigile dei gatti in territorio usurpato.

martedì 7 aprile 2015

Orme


Tanti anni fa arrivavo lì sempre con il treno e qualcuno veniva  a prendermi alla stazione; oppure facevo quei pochi chilometri in autostop. Da quando ho avuto un'auto, però, sono sempre andata con quella. Ecco perché ieri, sul treno, ero tutta avvolta in un invisibile mantello di nostalgia. Stesse stazioni, stesso paesaggio dal finestrino, stesso binario, stesso buio improvviso per via di una lunga galleria, sempre la medesima e ogni volta inaspettata. 


E poi stessa spiaggia libera, al confine tra due cittadine balneari, accessibile ai cani e piena di insenature e ripari naturali dalla calura. Basta stendere dei teli sui rami degli arbusti e si ha tutta l'ombra del mondo, ma ieri non era ancora così caldo da renderlo necessario.


Bisogna lasciare l'auto a un certo punto e proseguire a piedi e più si va avanti meno persone affollano la spiaggia, perciò ne vale la pena. Prima si attraversa la pineta tutta punteggiata dai ciclamini e odorosa del loro profumo e di resina.


Poi ecco le nuvole basse che sfiorano quasi l'acqua, il colore insolitamente chiaro del mare e i profili delle isole ben visibili.



Indosso gli stivaletti con i tacchi perché la spiaggia non era prevista e invece finisce che andiamo lì a fare un piccolo fuoco per abbrustolire qualcosa e ad accompagnare quel qualcosa con della buona birra fredda.



I tacchi, assai inopportuni per la circostanza, lasciano dei segni profondi nella sabbia dura del bagnasciuga e al ritorno mi diverto a ripercorrere le mie riconoscibilissime orme. Un po' come a volte succede anche nella vita, se si chiudono gli occhi. Forse "Il posto delle fragole", per me, potrebbe anche essere questo.