Emmeline Pankhurst |
Provo sempre dispiacere per le bugie montate ad arte, per la non verifica delle notizie attraverso la lettura diretta di fonti e documenti. Il dispiacere si fa più grande se tali notizie riguardano più o meno direttamente la sfera politica, se la montatura serve per autopropaganda, pensando che il fine giustifichi i mezzi, e se è opera di qualche esponente politico che si situa nell’area che cerchiamo di chiamare “sinistra” e nella quale, più o meno, ancora mi riconosco. Siamo tornati a prima di Galileo, almeno in politica.
Siamo tornati al fare leva con spregiudicatezza e insopportabile calcolo del consenso sulle corde più sensibili e delicate delle persone per accattivarsi la loro fiducia dal punto di vista emotivo. Mi guardo ancora all'indietro, come se fossi un'altra me, mentre pago il prezzo della bocciatura politica al liceo, per quelle mie lotte, o mentre rimando un esame perché c'è un'emergenza politica alla quale fare fronte. Mi guardo rinunciare a certi percorsi per ideologia esasperata, per rifiuto estremo, legato all'età giovanile, di ogni compromesso, per incapacità, ancora abbastanza resistente, di mentire. Se tornassi indietro lo rifarei? Me lo chiedo spesso e non riesco a non rispondere che sì, lo rifarei. Oggi, quando mi attivo per qualcosa in cui credo, pago un prezzo diverso e cioè il forte sentimento di solitudine che a volte mi attanaglia lo stomaco. Poi passa, per fortuna. E ricomincio ad avere anche un po' di fiducia nella parola, che, forse, può servire anche a capirsi.
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