Tamara de Lempicka, Ritratto di Susy Solidor, 1933 |
Fammi un po’ vedere. Ah, sì, è nella zona del cinema, quindi
la troverò senz’altro. Un’occhiata frettolosa alla mappa di google senza
accorgermi che la sto interpretando come fosse rovesciata, e via, in auto, in
direzione della sconosciuta via Fausta Cecchini alla periferia di Pisa. Cerco
una traversa a destra di via Bargagna, in direzione fuori città, mentre invece è una traversa a sinistra e così comincia una via crucis perché a destra non c’è niente e quel che
c’è non ha nome.
Tamara de Lempicka, Autoritratto sulla Bugatti, 1925 |
Giro in lungo e largo, anche attraverso i miei ricordi. Toh,
guarda, questo cortile l’ho affittato per poco per un compleanno di mio figlio
piccolo! Ah, ecco, qui abitava la tale che frequentavo – ma non eravamo proprio
amiche amiche – prima che nascesse mio figlio! Ah, e qui abitava l’amica
carissima che ho perso di vista perché le nostre strade si sono divaricate
parecchio e che proprio due giorni fa ho deciso di cercare perché ho voglia di rivederla, dopo
tanti anni. Entravo da quel vialetto e il portone della sua casa era quello in fondo.
Tamara de Lempicka, Rafaela su fondo verde, 1927 |
Si fa
tardi e comincia a prendermi un pochina
d’ansia perché via Cecchini non si trova. Comincio a girare a caso, apro il
finestrino e chiedo. Sono tutti desolati, allargano le braccia, ma non l’hanno
mai sentita nominare. Ma ecco che finalmente la vedo: il cartello è seminascosto
dalla prospettiva e ci parcheggio sotto. Scendo…No, questa è via Bargagna, con la posta
in cui ho fatto la fila una volta accompagnando un’altra persona, la farmacia,
il bar, un negozio di abiti…; sembra via Cecchini, ma è considerata via Bargagna...; ma allora dove
sono gli ingressi di via Cecchini e come prosegue la via alla curva, a destra, a sinistra? Insomma riprendo l’auto e comincio un’altra via crucis a
finestrino aperto. Scusi sa dov’è via…? Eccetera. No, mi spiace, non lo so. Molti
dei molti che fermo non sono italiani come origine. La domanda, allora, si
trasforma in “Scusi, in che via siamo?” Stessa risposta e stesse braccia
allargate, nel segno universale che indica la desolazione rassegnata.
Tamara de Lempicka, Andromeda, anni '20 |
Ecco che vedo
finalmente una scuola ed è l’ora dell’uscita pomeridiana: chiedo alle mamme, ai
nonni, alle tante persone; ci abitano, ci portano i bambini, ne sapranno il
nome! Non conoscono la via, non sanno il nome, si guardano l’un l’altro come se
avessi chiesto loro di indicarmi dove si trova la pietra filosofale. Mi sembra
impossibile. Alla fine parcheggio vicino al cartello con il nome della via Cecchini
che non si capisce bene in che direzione si espanda; mi piazzo in un punto
qualsiasi, a caso, e costeggio a piedi tutte le entrate, dato che il numero non
c’è in nessuna, fino a trovare la targhetta del mio medico che il mercoledì
visita in questo nuovo studio.
Tamara de Lempicka, Ritratto del dottor Boucard, 1929 |
Cosa sono venuta a fare? Ho una forma noiosa di
tracheite che mi colpisce ogni tanto da quando, anni fa, ho smesso di fumare e
per la quale di solito mi viene prescritto un ciclo di aerosol. E poi, una
volta dentro, gli dico anche che su insistenza di alcune amiche, per certi
malesseri strani degli ultimi tempi, vorrei fare come per le macchine: un
tagliando e controllare i livelli. Ride e ride anche il suo apprendista
stregone in odore di esame di stato e rido anch’io. Sono tanti anni che non
faccio una visita medica. Mi chiedo se devo dire 33 e come devo fare i respiri
da auscultazione.
Tamara de Lempicka, La convalescenza, 1932 |
Mi guida lui e dice che va tutto bene; mi riallaccio il
vestito dopo che mi hanno auscultata in stereo (cioè in due, lui e il medico
giovane, ciascuno con il suo stetoscopio), prendo la ricetta dell’aerosol, vado
a piedi alla vicina farmacia e torno a casa. Non sono mai stata ipocondriaca e
mi sono sempre fidata dei segnali del mio corpo cercando di prevenire quando
sono di avvertimento. Perché anche il dolore o lo stress o le preoccupazioni o
le delusioni possono fare stare male e allora bisogna agire su quel fronte
prima ancora di prendere farmaci e questo è ciò che sto facendo per i malesseri
strani che hanno preoccupato le mie amiche. Salgo le scale di casa a corsa e
predispongo la mia macchinetta per l’aerosol sicura che i gatti si spaventeranno
al rumore; poi mi rilasso, la mascherina sul volto, e penso.
Ho perso un
pomeriggio intero, nella periferia di una piccola città, per trovare una via e
un numero civico. Ho vagato tra abitanti che non conoscono il nome delle vie
del quartiere in cui vivono e ho resuscitato anche un po’ del mio passato.
Smarrita e sbigottita per questo, ma anche piena di stimoli atti a generare
catene di pensieri, mi dico che è quasi come se avessi fatto un viaggio, una
gita alla scoperta di un altro paese, mentre invece ero solo a poche centinaia
di metri da casa e nella mia città. Però l’aerosol mi ha fatto proprio bene.
Ora, perciò, mi preparo e fra poco esco
e vado al cinema.
Tamara de Lempicka, Saint Moritz, 1929 |
Andromeda di Tamara de Lempicka è del 1929. È stato acquistato negli anni '80 da Madonna quando la rinascita dell'icona dell'Art Déco non era ancora avvenuta e i prezzi di mercato erano più bassi di adesso. Madonna, oltre ad Andromeda, possiede anche Nana de Herrera (1928, qui una foto di tamara mentro lo sta dipingendo) e Nudo con Colomba (1928).
RispondiEliminaQui una panoramica con 38 foto dell'appartamento di Madonna a New York e qui di seguito le tre foto che ho estratto che rappresentano i tre quadri di Lempicka posseduti dalla pop-star: Nana de Herrera, Nudo con colomba e Andromeda.
Grazie! Ho sostituito nella didascalia di Andromeda "anni 20" a "data che non conosco" e poi, con un po' di invidia, sono andata a vedere le foto della casa di Madonna; ma l'invidia mi è passata subito. Che fredda e lugubre lussuosissima casa! Un mausoleo alla sua ricchezza, praticamente, inadatto sfondo per quadri così carnali in ogni più piccola pennellata! Starebbero meglio nella mia incomparabilmente più modesta abitazione, magari accanto ai due poster incorniciati che sono appesi da quando abito qui in una stessa parete: la donna in verde e un vaso di calle.
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