martedì 30 dicembre 2014

L'importanza del disordinare

Florence Harrison, Mariana
Mattinata casalinga dedicata a mettere in ordine, cioè buttare via qualcosa, senza dispiacersene e senza lasciarsi andare al pigro “potrebbe sempre servire”. Intanto si può ascoltare della musica e fare posto a nuovi fiori,  profumi e giochi; e anche guardare il sole e affacciarsi al balcone, sul viavai colorato dei trolley e delle sciarpe di chi va e di chi torna.


Da ragazza non capivo certe catene di frustrazione che le persone si infliggono. Ora, invece, a volte provo rabbia, altre tenerezza e persino un po’ di pena. Molti cercano soluzioni facili per le loro paure, pillole o percorsi velocizzati, pur di non guardare dentro di sé. 


Mettere in ordine significa, in realtà, disordinare. Significa rivedere ciò che si dava per sicuro, compresi certi sentimenti assoluti, certi stupori. Mettere in ordine presuppone varcare porte, affacciarsi senza paura anche nell’abisso del non senso e del banale. Significa, a volte, leggere in una notazione meteorologica quel che davvero rappresenta e cioè la mera esposizione di un dato di fatto e non una metafora o una poesia. Ci si sente un po’ più soli, all’inizio, riordinando; cioè disordinando per sistemare in un altro modo cose, affetti e persone. Poi si prende confidenza con il disordine e si volta la testa dove non avevamo guardato abbastanza. Niente fanfare o fuochi d’artificio: basta solo avere il cuore libero di disordinare per poterlo aprire.



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