lunedì 17 febbraio 2014

Shakespeare la sapeva lunga

La dodicesima notte
“Eh, amate troppo e solo voi stesso, Malvolio e assaggiate tutto con il disgusto. Chi è generoso e liberale e senza pesi sulla coscienza prende per sassolini di fionda quelle che a voi sembrano palle di cannone.” (Shakespeare, La dodicesima notte). Olivia rimprovera a Malvolio di non cogliere le possibili occasioni di felicità a causa del narcisismo dal quale è affetto e che lo rende incapace di vedere al di là del proprio egocentrico punto di vista.


Shakespeare la sapeva lunga. La figura del narcisista, infatti, ha finito per rappresentare il modello di comportamento dominante.


Sono ormai troppi quelli che sembrano perennemente agìti dalla smania di sentirsi riconosciuti. Molti cercano la conferma di sé anche indirettamente, attraverso una sorta di insidiosa identificazione con qualcuno che ritengono si faccia valere più di loro; qualcuno, magari, che urla, si arrabbia, si pone come un censore, un castigatutti e un vendicatore, ma soprattutto un depositario di verità tanto semplici quanto assolute. Oh... finalmente! Concetti ridotti ai minimi termini, banali come l'egoismo, ma che suonano naturali, liberatori... Largo ai giovani, ai ricchi, ai furbi, a chi sa fare a gomitate. Ecco. Questo è l'esempio e basta seguirlo per uscire dalla penosa sensazione di essere degli eterni perdenti. 


La dodicesima notte
Cambia il nome, l'aspetto, qualche abitudine, ma il personaggio che funge da modello da una ventina di anni a questa parte è sempre lo stesso.
Il gioco delle relazioni tra gli esseri umani ha così assunto i colori del narcisismo e li ha stesi su tutto: sui luoghi delle decisioni importanti, ma anche nelle nostre case e persino, a volte, nelle nostre camere da letto.

La dodicesima notte - versione manga
Da qualche anno, perciò, penso spesso con raccapriccio che sia in atto una vera e propria mutazione di carattere psichico e relazionale. Il modello di personalità oggi dominante mi pare legato a un narcisismo malato che si esprime nel bisogno insaziabile di gratificazioni, attenzioni e riconoscimenti  e nell’abitudine di porre se stessi al centro del mondo.

Il drammatico Narciso di Caravaggio - 1597-1599
Si diventa, così, ipersensibili alle critiche e portati a interpretare in base all’idea paranoica del complotto ogni piccola distanza o grande differenza di opinione e di modo di essere. 
La convinzione del “tutto mi è dovuto”, che caratterizza il narcisista, può portare alcuni ad assurgere a posizioni di potere; alla maggior parte delle persone, però, impedisce semplicemente di godere delle cose belle e buone del mondo e di coltivare relazioni autentiche e affetti disinteressati. 


Il narcisista è disperatamente dipendente dalla conferma altrui e nello stesso tempo considera giusto trattare gli altri come mezzi per raggiungere i propri obiettivi. Il paradosso della sua condizione è dunque quello di un destino di solitudine senza speranza. 



Anche quando diventa un personaggio di potere il narcisista, a ben guardare, è dipendente dagli altri che devono ammirarlo, servirlo, lasciarsi usare da lui. E i suoi sudditi colorano di identificazione e dipendenza, a loro volta, il proprio narcisismo, vivendo di luce riflessa. 


John William Waterhouse, Eco e Narciso, 1903
A volte penso che è come se fossimo regrediti a cornici antropologiche di tipo monarchico. La figura che si ripresenta alla mente è quella di un uomo solo, con propensioni populistiche, capacità comunicative e determinazione, di fronte all'enorme massa dei vocianti scontenti; cioè di quelli che sostituiscono la pancia alla capacità critica e la paura alla generosità. Lui, quasi come un attore, strizza l'occhio ai suoi spettatori passivi e stupefatti e ammiccando li gratifica con una battuta o una barzelletta, li fa sentire importanti e poi ancora li solletica nei loro abissi emozionali di egoismo che vengono presentati  come la vera,  naturale e immodificabile essenza di tutti gli esseri umani.
Un vincente con il quale identificarci è ciò che ci vuole per ingannare la paura e tacitare l'inquietudine, il dubbio e la domanda. Alla fine, però, in un mondo sempre più abitato da Narcisi, non ci saranno né vinti né vincitori, ma solo la distruzione progressiva di ogni forma soddisfacente di relazionalità.  
  
Il fiore che nacque, secondo il mito, dal sangue di Narciso. 
E' sbagliato  pensare che se non si è narcisisti in cerca di sudditi e nemmeno sudditi dipendenti da un leader narcisista la mutazione antropologica che mi sembra di intravedere non ci riguardi. Essa è così profonda e devastante che inquina tutti. Ci propone, infatti, idee talmente grandiose anche dei rapporti e dell'amore che non siamo più capaci nemmeno di vivere i legami reali nell'intreccio di luci e ombre che li definisce, ma sprechiamo la vita rincorrendo modelli ideali irraggiungibili. 

2 commenti:

  1. Il folle narcissico, un appunto di Carlo Emilio Gadda, che L'unità ripubblicava qualche anno fa alludendo evidentemente a B. e che oggi è tanto più attuale, appunto, come analisi non tanto di quelli là quanto di questi qua, cioè di noi stessi, come giustamente tu fai notare: http://cerca.unita.it/ARCHIVE/xml/365000/360360.xml?key=Gadda&first=91&orderby=1&dbt=arc

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  2. ada zapperi zucker18 febbraio, 2014

    bellissima analisi, acuta e graffiante del narcisismo di una certa persona che ha coinvolto una o due generazioni di italiani... in realtà quanta debolezza e mancanza di interiorità.

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