Da un anno a questa parte ogni volta che passo dalla stazione di Bologna il mio umore e la mia personalità subiscono un cambiamento tanto repentino quanto radicale. Infatti, sia che arrivi con un sorriso gioioso, sia che un languore di dolcezza malinconica mi colori lo sguardo, dopo pochi secondi mi trasformo in un’erinni furiosa e cattiva. Succede da quando è stato creato quell’orrendo non-luogo sotterraneo per i treni ad alta velocità.
Gustave Doré, Lo Stige |
E’ fatto come mi immaginavo dovessero essere gli inferi quando mi facevano tradurre le versioni al liceo. In un luogo così - penso, rabbrividendo - camminava Orfeo cercando di rispettare il divieto di voltarsi a guardare Euridice e certo doveva battergli forte il cuore al pensiero di poter riavere con sé per sempre il suo amore o di perderlo ancora.
Auguste Rodin, Orfeo ed Euridice (particolare), 1893 |
Museo della scienza e della tecnica di Berlino - 2009 |
Hugo Cabret di Martin Scorsese. E' attraverso il grande orologio che il bambino comprende il senso delle cose e del tempo che ce le rapisce, ma può riconsegnarcele sotto mutate vesti. |
Non sarebbe del tutto
negativa, la situazione, se almeno i treni funzionassero meglio. Ormai mi sono
abituata e alla fine faccio presto a scendere e risalire dagli inferi. Di
risalire, quando sono lì sotto, non vedo l‘ora. Eppure amo le metropolitane che
velocemente, attraversando la pancia di una grande città, ci portano da un
punto all’altro senza che ci si debba fare prigionieri del traffico in
superficie. Lì sotto, invece, provo un’angoscia insormontabile. Forse perché
questi inferi bolognesi non sono abitati come le metropolitane delle grandi
città dove a sera sciama la stessa folla che popola la vita di sopra; dove
qualcuno canta e qualcuno suona; dove si incrociano i propri simili che tornano dal
lavoro, che hanno per mano i bimbi usciti dalla scuola, che pensano già alla
serata.
Qui, invece, ai binari che vanno dal 16 al 19 transitano per lo più i ricchi, gli uomini d’affari, le donne manager, gli intellettuali e i dirigenti. E’ tutto uno sfoggio di borse firmate e cellulari in un glaciale silenzio che quasi ti fa rimpiangere i classici personaggi attaccabottone di scompartimento.
Museo della scienza e della tecnica - Berlino 2009 |
Qui, invece, ai binari che vanno dal 16 al 19 transitano per lo più i ricchi, gli uomini d’affari, le donne manager, gli intellettuali e i dirigenti. E’ tutto uno sfoggio di borse firmate e cellulari in un glaciale silenzio che quasi ti fa rimpiangere i classici personaggi attaccabottone di scompartimento.
Dicevo che sarebbe un
po’ più sopportabile, questo non-luogo, se almeno i treni funzionassero meglio.
Invece perdere una coincidenza a Bologna è ormai una certezza. Così, da un po’
di tempo, faccio biglietti con coincidenze create da me e tali da lasciare un
maggiore margine tra un treno e l’altro. Poi, semmai, cambio la freccia. Così
ho fatto questa volta e stamani, tornando da Modena dove avevo finito prima e dunque
preso un treno precedente rispetto al programmato regionale, mi sono ritrovata
a Bologna con un margine di tempo di un’ora
e mezza.
Quindi sono scesa negli inferi dove si trovano, qua e là, solitari come i foruncoli, isolati e rari, che spuntano anche sul volto di chi non è più adolescente, dei chioschetti uguali a quelli dei gelatai di altri tempi. Solo che dentro invece del gelato c’è un computer e invece del gelataio c’è un ferroviere. No, non gli riesce cambiarlo e mi invita ad andare sopra e sopra, all'assistenza clienti - freccia, mi invitano a fare la fila in biglietteria. Allungherei troppo il post a spiegare le ragioni ossessive di questa impossibilità di cambio. Fidatevi, si tratta di ragioni abbastanza assurde. Rinuncio al cambio e mi siedo in sala d’aspetto. Ecco: c’è il bambino viziato che frigna perché vuole qualcosa e la mamma laissez-faire che tira fuori dalla borsa di tutto per placarlo. Li ho sempre ritenuti insopportabili iatture dei viaggi in treno. Ora, invece, provo un sentimento diverso. Ti voglio bene bambino viziato che mi distogli dallo scrivere e anche alla tua mamma viziante voglio bene. Signora che mi distogli anche tu, chiedendomi a quale binario si trova il treno per Piripicchio sul mare: ti voglio bene. E voglio bene anche a te, giovinastra con le figurine dipinte in forma di smalto sulle unghie.E anche a te, ragazzo con il ciuffo rigido di gel che apri olezzanti fritture MacDonald’s e me ne inondi. Quello che mi è sempre sembrato un puzzo, un’altra iattura dei viaggi in treno, lo percepisco, ora, come una fragranza deliziosa. Vi voglio bene, in questo momento, scocciatori di ogni specie, come ad altrettanti fratelli e sorelle, perché qui è la vita e sotto, dove non si incontrano che raramente persone come voi, il non-luogo dell’insensatezza.
E a proposito di insensatezza: alzo gli occhi verso la lapide nota che ricorda i morti giovani, bambini e di tutte le età di una strage fascista che ha segnato questa stazione e penso a come siamo bravi, noi esseri umani, a distruggerci per la bramosia di superare ogni limite, a partire dalla velocità.
Sono consapevole di
essere in una delle ultime sale d’aspetto di questo paese. Ormai stanno
chiudendole tutte e lasciano il posto ai negozi. Se ci si vuole sedere, come a
Firenze o a Milano, ci sono solo alcune squallide panchine affollate davanti
alla biglietteria. A meno che uno non sia un “clubbista” delle frecce e allora
può entrare nel club e sedersi. Perché bisogna consumare, consumare, consumare:
anche la vita.
Museo della scienza e della tecnica - Berlino 2009 |
Quindi sono scesa negli inferi dove si trovano, qua e là, solitari come i foruncoli, isolati e rari, che spuntano anche sul volto di chi non è più adolescente, dei chioschetti uguali a quelli dei gelatai di altri tempi. Solo che dentro invece del gelato c’è un computer e invece del gelataio c’è un ferroviere. No, non gli riesce cambiarlo e mi invita ad andare sopra e sopra, all'assistenza clienti - freccia, mi invitano a fare la fila in biglietteria. Allungherei troppo il post a spiegare le ragioni ossessive di questa impossibilità di cambio. Fidatevi, si tratta di ragioni abbastanza assurde. Rinuncio al cambio e mi siedo in sala d’aspetto. Ecco: c’è il bambino viziato che frigna perché vuole qualcosa e la mamma laissez-faire che tira fuori dalla borsa di tutto per placarlo. Li ho sempre ritenuti insopportabili iatture dei viaggi in treno. Ora, invece, provo un sentimento diverso. Ti voglio bene bambino viziato che mi distogli dallo scrivere e anche alla tua mamma viziante voglio bene. Signora che mi distogli anche tu, chiedendomi a quale binario si trova il treno per Piripicchio sul mare: ti voglio bene. E voglio bene anche a te, giovinastra con le figurine dipinte in forma di smalto sulle unghie.E anche a te, ragazzo con il ciuffo rigido di gel che apri olezzanti fritture MacDonald’s e me ne inondi. Quello che mi è sempre sembrato un puzzo, un’altra iattura dei viaggi in treno, lo percepisco, ora, come una fragranza deliziosa. Vi voglio bene, in questo momento, scocciatori di ogni specie, come ad altrettanti fratelli e sorelle, perché qui è la vita e sotto, dove non si incontrano che raramente persone come voi, il non-luogo dell’insensatezza.
E a proposito di insensatezza: alzo gli occhi verso la lapide nota che ricorda i morti giovani, bambini e di tutte le età di una strage fascista che ha segnato questa stazione e penso a come siamo bravi, noi esseri umani, a distruggerci per la bramosia di superare ogni limite, a partire dalla velocità.
A Firenze la sala d'attesa è diventata un freccia-club, anche se l'insegna è rimasta a imperituro ricordo. |
Hugo Cabret di Martin Scorsese |
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