Quando ero
piccola la domenica era scandita da precisi rituali.
Noi bambini a mezzogiorno
in punto si sciamava contenti dalla discesa della chiesa al suono delle campane
a festa. C’era la tavola con una tovaglia più bella e di certo avremmo mangiato
le patatine arrosto. Avevamo fretta di essere a casa e poi, appena varcata la
soglia, fretta di poterne di nuovo uscire, di ritrovarci tra simili, di scambiarci
confidenze segrete, di meravigliare i più piccoli e di farci meravigliare dai
più grandi.
Mi rivedo sempre che correvo di qua e di là; anche su per le salite
più ripide, correvo. Avevo le ginocchia sbucciate per le cadute e le gambe
graffiate perché mi infilavo tra i rovi con quell’urgenza di vivere che mi
rendeva assolutamente inaffidabile quanto a obbedienza.
A volte mi nascondevo
da qualche parte e ascoltavo la voce di chiunque mi chiamasse, la mamma o i
miei compagni, con la stessa apparente indifferenza e immobilità. Mi piaceva
sorprenderli e restavo nascosta il più a lungo possibile, prima del momento
esatto in cui la gioia per il mio riapparire avrebbe potuto trasformarsi in un
sentimento negativo.
Discesa giù dalla chiesa di Montecatini Val di Cecina. Fa parte di una serie di foto scattate in corsa e comunque, i ricordi, sono sempre un po' tremolanti e vaghi. |
Luoghi di fuga Montecatini Val di Cecina |
La mia scuola elementare, ora in abbandono. Montecatini Val di Cecina |
Luoghi di fuga Montecatini Val di Cecina |
Questa che volge alla fine è una
domenica come tante, forse un po’ più pigra di altre. Non sparecchio subito, non
stendo i panni subito, non ripongo subito le carte ammucchiate che avrei voluto mettere a posto stamani. Mi assopisco sul divano,
invece, incoraggiata dal ronfare di uno dei due mici. Non sono abituata a
dormire dopo pranzo e deve essere per questo che lì per lì, svegliata di
soprassalto da un rumore proveniente dal piano di sopra, mi stupisco un po’ di
essere qui e non altrove. Non ci sono i bambini (i miei amici, voglio dire) e
non riconosco l’odore della casa né ciò che vedo dalle finestre.
Avevo stabilito
di prendere una decisione, oggi. Non una decisione ufficiale, formale. Una
decisione vera, però, solenne, di quelle che riguardano qualcosa dentro di sé, ma che non si devono nemmeno comunicare a qualcuno. Una decisione di quelle che ci
fanno stupidamente chiedere al destino di darci un segno per capire. Quella
decisione l’ho presa, nel lento oziare di questa domenica come tante. Senza fare rumore, senza che nessuno se ne sia
accorto. Le decisioni importanti non vogliono suoni di fanfare, ma hanno
bisogno di coraggio. Per trovarlo la cosa migliore è sempre quella di lasciarsi
avvolgere un po’ dalla malinconia.
Finestra di camera mia Montecatini Val di Cecina |
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