In riferimento
ad alcune vicende parlamentari di questi giorni, che definire
"politiche" mi richiederebbe uno sforzo sovrumano, trascrivo da
Facebook una nota relativa a una piccola cronaca abituale. Risale a
quest'estate e racconta di una mattina nella quale, come cittadina, è capitato
a me di essere offesa facendo riferimento alla sfera sessuale. Non è stata la
prima né sarà l'ultima volta. E' solo linguaggio? E' ironia? Perché, quando si
discute con una donna di qualche cosa che riguarda la guida dell'auto, la
politica o un aspetto della vita professionale si fa ricorso a offese relative alla sfera sessuale?
Metropolis, Fritz Lang 1926 |
Credo che sia per ricordarci di stare al nostro posto, in una dimensione subalterna, identificate con la necessità di riproduzione della specie e con una sessualità intesa in senso dispregiativo. E poi c'è quel gusto amaro della cattiveria fine a se stessa, del piacere dato dall'umiliare o dal ricordare a qualcuno che è stato oggetto preferenziale di umiliazioni e dunque che cosa pretende, che se ne stia zitto e buono, che non fiati e che non si azzardi. Ricordo quando Grillo si riferì pubblicamente a Rita Levi Montalcini chiamandola "vecchia puttana". (Si può leggerne qui.) Non so se abbia mai ritrattato o chiesto scusa, ma non credo.
Furia, Fritz Lang 1936 |
17 agosto 2013
Mi hanno rubato il sellino della bici. Perciò prendo l’auto e mi becco il primo “vaffa 'nculooo puttanaaaaa” perché per parcheggiare costringo chi è dietro di me a fermarsi. Eppure la freccia l’ho messa e per tempo e sto facendo tutto velocemente. Il secondo, forse un po’ più meritato, lo becco poco dopo quando apro lo sportello. Ancora dispiaciuta per l’aggressività verbale appena subita, infatti, non mi accorgo che sta arrivando un ciclista. Il quale mi lancia la variante: “Bottana a te e a soreta!”. Sarei rimasta meno male se mi avessero urlato un classico “stronza”. E invece no, puttana e poi bottana. E’ strano: ci sono molte bici senza sellino, proprio come la mia. Queste bici monche, sparse per la città, incrementano il sentimento molesto di un’aggressività diffusa, penetrante, appiccicosa.
Furia, Fritz Lang 1936 |
Mi muovo tra i turisti. Indossano i pantaloncini corti, sono più bianchi di me e hanno in mano una guida o una mappa, a volte anche un gelato. Sorridono nonostante il caldo. Li ammiro, mi piacciono: è da coraggiosi venire in agosto a visitare una città d’arte e cultura in questo paese che considera ormai i turisti solo come polli da spennare. E non potrebbe essere altrimenti, dato che da tempo, forse, considera così anche i propri cittadini.
Mi muovo tra i turisti. Indossano i pantaloncini corti, sono più bianchi di me e hanno in mano una guida o una mappa, a volte anche un gelato. Sorridono nonostante il caldo. Li ammiro, mi piacciono: è da coraggiosi venire in agosto a visitare una città d’arte e cultura in questo paese che considera ormai i turisti solo come polli da spennare. E non potrebbe essere altrimenti, dato che da tempo, forse, considera così anche i propri cittadini.
Metropolis, Fritz Lang 1926
La mattina è cominciata male già prima di uscire e sarà per il caldo, sarà perché la vita è più difficile per tutti, di aggressività ne ho respirata fin troppa; penso a un certo punto. Invece, quando in fila mi sporgo un po’ in avanti per leggere l’etichetta di un prodotto esposto, ingannando l’attesa, una signora mi esorta in malo modo a stare al mio posto che qua nessuno è fesso. E annuisce più volte.
American Girl in Italy, Ruth Orkin 1951 La foto è stata scattata a Firenze, davanti al Caffè Gilli |
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