lunedì 10 febbraio 2014

L'abisso della disumanità


Anna emigra con la sua famiglia dalla Sicilia in Uruguay a quasi due anni di età. Giovane studentessa viene imprigionata e torturata all’epoca nella quale l’America Latina è segnata da dittature feroci e dalle loro mostruosità.
Prigionieri politici nel grande stadio di Santiago del Cile  - 1973
I suoi ricordi si interrompono a questo punto e ricominciano con la sua liberazione. Un campo, il temporale, la libertà. Ma la paura e l’angoscia le restano cucite addosso come un vestito stretto e bruciano le sue carni come il peplo avvelenato di Medea. In un romanzo autobiografico racconta le tracce di quella sua lunga, nera esperienza dell’abisso. Le ha riscattate, attraverso gli anni, dall’oblio dell’indicibile, consapevole che ricordare avrebbe rappresentato il primo passo per riprendersi quello che le era stato atrocemente strappato: la sua giovinezza, la fiducia nell’umanità, i sogni.
Le madri di Plaza de Mayo in una manifestazione del 1982.

L’ho conosciuta alcuni anni fa, a Firenze, dove allora lavoravo. Anna è una donna intelligente e forte. E’ piccolina, graziosa e gentile. Si fa ancora più fatica, nel vederla così esile, a pensarla fragile e indifesa in balia dei propri aguzzini. Il romanzo nel quale racconta l'abisso della disumanità è un testo delicato e intenso che libera un urlo lacerante, non di vendetta, ma di desiderio di giustizia. Anna continua a lottare per il suo sogno di un mondo migliore e perché la cultura della morte e della distruttività venga sconfitta da quella della vita, della creatività e dell’autoeducazione. Insieme abbiamo condiviso, per un anno, un piccolo progetto che aveva questi colori e da quel percorso è nato un legame di stima reciproca e di affetto.

Nuvole minacciose a Tirrenia - 2010

Del libro di Anna ho parlato in una delle lezioni del mio corso di due anni fa, incentrato sulla tematica del conflitto. Avevo infatti in programma anche due testi sulle violenze collettive e sul loro uso politico in condizioni di guerra, all’interno di regimi totalitari o in relazione ad atti terroristici. La tortura, fisica o psicologica, è un correlato essenziale di tali violenze e ha un effetto devastante sulle persone e sulle comunità che deve essere conosciuto per comprendere le dinamiche di costruzione del dominio e prevenirne i guasti individuali e collettivi. Perché esiste un intreccio tra il trauma personale, consumato nelle dinamiche intime, e quello sociale o politico,  vissuto come membri di una comunità. Per questo non basta sconfiggere un leader o un dittatore, ma bisogna lavorare sui danni che ha generato e primo tra tutti la rottura della sicurezza di esistenza e del valore della condivisione solidale e della lealtà, perché l'aspetto centrale di ogni dittatura è quello della creazione di un clima di sospetto e sfiducia generato anche alimentando le paure individuali più profonde. 
Qui un'intervista di due giorni fa ad Anna Milazzo insieme a Vera Vigevani, delle madri di Plaza de Mayo.

Papaveri - Primavera 2013
(E' così bello e colorato il mondo e sembra impossibile
che esistano uomini capaci di tanto orrore)

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