sabato 9 gennaio 2016

Le relazioni in rete nell'epoca della paranoia


Questa e le successive immagini
sono tratte da "Metropolis" di Fritz Lang
Da un paio di anni scrivo in questo blog e il perché si può leggere in basso, sotto la foto di una Sardegna autunnale che sembra primavera. E', in pratica, un atto di fiducia - altre volte dico di affratellamento - nei confronti dei propri simili che siamo sempre più sollecitati a considerare, invece, come nemici pronti a sottrarci occasioni di felicità. La riflessione si complica un po', però, rispetto ai social network, nei quali, per me, l’espressione “amici” significa solo “contatti”; persone con le quali mi confronto, ma che in maggioranza non frequento al di fuori della rete. 



So stare sola, a volte lo desidero e lo ritengo un presupposto per scegliere la propria relazionalità. Sono anche socievole, però, e mi piace scambiare opinioni, idee, sentimenti e racconti, anche in rete. Concordando con alcuni ci si consola; dissentendo, discutendo anche duramente con altri, siamo spinti ad approfondire o a rinnovare le nostre convinzioni. L'importante è rispettare le regole elementari della comunicazione e gli interlocutori. Frequentare la rete non toglie spazio alle mie relazioni affettive non virtuali, come ho scritto qui, nella testata del blog. E' un canale di comunicazione in più e niente affatto sostitutivo.



Discutere e talvolta bisticciare è normale anche in rete, come nella vita non virtuale. Quando mi è capitato, però, non ho mai rotto il contatto con le persone con le quali si sono verificate delle divergenze di idee a meno che non ci siano state offese e incapacità di confrontarsi nel rispetto. Sono stati invece i miei interlocutori, qualche volta, a togliermi l'amicizia virtuale per un banale contrasto di vedute.




Mi è capitato di essere cancellata dai contatti addirittura soltanto per un giudizio diverso su un film, cosa che quando mi succede con gli amici di frequentazione non virtuale non determina alcuna rottura.




Si vede che in rete la proiezione e l'interpretazione arbitraria sono più facili perché non ci si guarda in faccia e per quanti emoticon si usino non si può attutire o rinforzare un messaggio con la stessa efficacia della mimica, dello sguardo e del sorriso. Succede così anche al telefono, del resto, dove però possiamo compensare con la prosodia. Nella maggior parte dei casi, comunque, i miei contrasti in rete hanno dato luogo a ripensamenti da parte mia o dei miei interlocutori e ne sono stata felice sentendomi arricchita.




A volte, però, a qualcuno non basta cancellare dai contatti, ma sceglie di "bannare". Questo inglesismo significa “bandire” da un territorio virtuale, cioè, praticamente, uccidere qualcuno, almeno in senso metaforico.



Premessa: da qualche mese ho deciso di scrivere su facebook per lo più con visibilità pubblica. Ciò che non voglio si sappia o che considero troppo intimo non lo scrivo e per il resto non ho niente da nascondere e non temo chissà quale uso delle foto dei miei gatti o della mia spiaggia preferita. Lo ripeto: scrivere in rete, per me, è un atto di fiducia nel prossimo, non una dichiarazione di guerra colorata di idee paranoiche.




Così, se qualcuno vuole leggermi con scopi diversi dal desiderio di confronto, può farlo senza bisogno di profili falsi: la cosa mi lascia indifferente. In questi giorni ho cancellato tre dei miei contatti facebook: uno che aveva postato foto porno-natalizie ridicole (e scorrendo il suo profilo ho visto che foto simili di poppeculi abbondavano e senza alcuna ironia), e altri due per motivi di uso improprio di facebook, cioè commerciale. Però non li ho bannati.




Sono consapevole, infatti, che non li cancello dall’esistenza vera, bandendoli da quella virtuale che mi riguarda. Pornografi e commercianti assatanati continueranno a esistere e se esistendo mi leggono, ammesso - e ne dubito - che lo facciano, che noia possono darmi? Nessuna. 




Sono stata bannata almeno due volte e in entrambi i casi da parte di donne, una delle quali conosciuta anche al di fuori della rete. L'iter è stato simile e cioè hanno fatto tutto loro: cercarmi chiedendomi l'amicizia, farmi delle confidenze non sollecitate con richiesta di riservatezza che ho scrupolosamente rispettato e poi, e davvero non ne ho capito il perché, all'improvviso bannarmi.




Non le ho bannate a mia volta. Trovo questa azione del bannare (salvo casi di stalking, pornografia, strumentalizzazione a scopo propagandistico di bacheche) abbastanza incomprensibile.




Per fortuna, e al contrario di questi due casi, la rete mi ha permesso di conoscere donne che sono diventate amiche care o carissime, tanto che a un certo punto ci siamo incontrate dal vivo e ancora ci frequentiamo. Vorrei concludere con un invito rivolto a tutti, anche a chi mi ha bannato o cancellato senza che ne comprendessi il motivo: non consideriamo gli altri e la rete come la causa di ciò che ci accade! Come tutti i mezzi anche questo è solo uno specchio che ci riflette così come siamo: aperti e fiduciosi o tendenti a vedere nell'altro il nemico e il colpevole di ciò che, spesso, solo noi stessi scegliamo che ci capiti.


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