domenica 24 gennaio 2016

Amarezze


Decidiamo, così su due piedi, di andare con mio padre in certi luoghi familiari e cari.


C'è un sole caldo, una bella luce, penso che farò qualche foto e saluterò ancora una volta sentieri e angoli che conosco in ogni piccolo dettaglio.


Arrivati al laghetto coronato di alberi che si trova sopra il paese, a circa un chilometro e mezzo, ecco la sorpresa amara: gli alberi non ci sono più!


Sono stati trasformati in parallelepipedi di tronchi e ciò che vedo mi appare squallido e desolante recintato com'è da una sgangherata rete tipo gabbione di galline e chiuso all'accesso con un cancello sghilembo e rugginoso.


Non dubito che ci sia un motivo, ci sarà di certo, ma a me questo spettacolo fa venire in mente solo il termine "scempio". Le altre foto non riguardano questo luogo, ma altri vicini.

Eppure quei tronchi tagliati sembrano di un bel colore, appaiono ancora vivi, profumano!


Mi viene da piangere mentre ripasso mentalmente, incredula, i molti momenti, in tutte le età della mia vita, in cui sono venuta a sedermi in questo luogo cercando ombra e pace.


C'erano i girini e quindi anche le rane. Si potevano lanciare piccoli sassolini e osservare i cerchi concentrici dell'acqua. Si potevano chiudere gli occhi e addormentarsi ascoltando le cicale e il loro frinire estenuante.


Ci sono dei cartelli sui quali leggiamo la parola "diradazione"; penso che deve esserci un motivo per questo sterminio di alberi, ma non riesco a immaginarlo.


Ci spostiamo senza parlare, quasi fuggendo via. Poco oltre ci sono molte recinzioni nuove e non ci si può più spingere di qua e nemmeno ci si può più spingere di là. Il mare luccica lontano: è una striscia tutta d'oro e il sole sta per coricarsi all'orizzonte.


Ci sono ancora, più avanti, le bacche rosse, le distese di giallo, i pini marittimi e altri cipressi, l'odore delle loro coccole grigiastre e quello della resina.


Ma io non mi consolo e mi sento persa come se mi avessero tolto un braccio o una gamba.


Nella mente si forma il lungo rosario dei luoghi perduti: case, corridoi, scale, cucine un tempo familiari che non ci sono più.


Che torneranno, se sarò fortunata, in qualche sogno destinato a frantumarsi all'alba o in un'incerta fantasia del dormiveglia. Come gli alberi che questa volta non ho potuto salutare, che non saluterò più.







1 commento:

  1. Sono nata ed ho vissuto la mia infanzia in una casa situata in collina, una casa con i muri di pietra, l'ampio orizzonte dalle immense distese di prati e boschi a perdita d'occhio, e poi le valli dove correvo, salivo sugli alberi, gli animali erano numerosi, caprioli, rane girini, serpenti . Oggi provo la tua stessa identica sensazione, recinti ovunque, animali mezzi scomparsi, rovi ed incuria, in questo caso boschi che occupano spazi dove prima c'erano dei bei prati con alberi da frutto, questo per mancanza di diradamento, in questo caso almeno. Mi sembra quasi che con il "mio" paesaggio mi si voglia ricordare che l'infanzia è alle spalle così come i sogni della giovinezza, mi viene da pensare che di tutto resta il mio modo di fermare il paesaggio con i colori e te con le tue bellissime foto, perchè questi paesaggi sono i contenitori delle nostre emozioni.

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