Decidiamo, così su due piedi, di andare con mio padre in certi luoghi familiari e cari.
C'è un sole caldo, una bella luce, penso che farò qualche foto e saluterò ancora una volta sentieri e angoli che conosco in ogni piccolo dettaglio.
Arrivati al laghetto coronato di alberi che si trova sopra il paese, a circa un chilometro e mezzo, ecco la sorpresa amara: gli alberi non ci sono più!
Sono stati trasformati in parallelepipedi di tronchi e ciò che vedo mi appare squallido e desolante recintato com'è da una sgangherata rete tipo gabbione di galline e chiuso all'accesso con un cancello sghilembo e rugginoso.
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Non dubito che ci sia un motivo, ci sarà di certo, ma a me questo spettacolo fa venire in mente solo il termine "scempio". Le altre foto non riguardano questo luogo, ma altri vicini. |
Eppure quei tronchi tagliati sembrano di un bel colore, appaiono ancora vivi, profumano!
Mi viene da piangere mentre ripasso mentalmente, incredula, i molti momenti, in tutte le età della mia vita, in cui sono venuta a sedermi in questo luogo cercando ombra e pace.
C'erano i girini e quindi anche le rane. Si potevano lanciare piccoli sassolini e osservare i cerchi concentrici dell'acqua. Si potevano chiudere gli occhi e addormentarsi ascoltando le cicale e il loro frinire estenuante.
Ci sono dei cartelli sui quali leggiamo la parola "diradazione"; penso che deve esserci un motivo per questo sterminio di alberi, ma non riesco a immaginarlo.
Ci spostiamo senza parlare, quasi fuggendo via. Poco oltre ci sono molte recinzioni nuove e non ci si può più spingere di qua e nemmeno ci si può più spingere di là. Il mare luccica lontano: è una striscia tutta d'oro e il sole sta per coricarsi all'orizzonte.
Ci sono ancora, più avanti, le bacche rosse, le distese di giallo, i pini marittimi e altri cipressi, l'odore delle loro coccole grigiastre e quello della resina.
Ma io non mi consolo e mi sento persa come se mi avessero tolto un braccio o una gamba.
Nella mente si forma il lungo rosario dei luoghi perduti: case, corridoi, scale, cucine un tempo familiari che non ci sono più.
Che torneranno, se sarò fortunata, in qualche sogno destinato a frantumarsi all'alba o in un'incerta fantasia del dormiveglia. Come gli alberi che questa volta non ho potuto salutare, che non saluterò più.