lunedì 11 maggio 2015

La domenica dei papaveri

Pensavo di non fare in tempo a vederli i papaveri del 2015, e invece ieri li ho anche fotografati, sia pure dal finestrino di un'auto che andava. Sono venuti un po' sfocati e per questo sembrano davvero i piccoli punti rossi resi celebri da Monet. 


Eravamo in fila e si trattava di una di quelle che ti fanno quasi pentire di essere uscita. Quando ci si muoveva era tutto un rosseggiare di papaveri e quando ci si doveva fermare, niente, nemmeno uno. Li ho fotografati lo stesso dal finestrino e il risultato è un orrore dal punto di vista tecnico; ma le foto mi inteneriscono perché, insomma, sono riuscita a vedere i papaveri anche quest'anno.


Ho preso gusto a fotografare dall'auto e infatti ho continuato inaugurando un nuovo gioco con il paesaggio che collega la mia città alla sua marina, snodandosi in parallelo al fiume; visto così, come il risultato di foto prese in corsa, quel paesaggio familiare può diventare quasi un luogo sconosciuto.


E' come la trasfigurazione tipica dei sogni in cui succede che i luoghi sono sempre quelli e non sono più quelli. Le finestre sono sghembe, le pareti si restringono e potrebbero schiacciarti o si allargano all'improvviso e potresti smarrirti, nella notte, tra i tronchi degli alberi che sembrano nere sagome di assassini; e allora, in sogno, corri sbigottita cercando il tuo riparo sicuro, la tua casa con il suo perimetro consueto. 




Quella di ieri, forse, sarà stata l'ultima domenica trascorsa come prigioniera del mio piede malconcio, impedita nelle minime cose della quotidianità non potendolo appoggiare. Così ho deciso di viverla all'insegna della capacità di godere del presente; ma perché questa capacità si dispieghi occorre liberarsi di quella parte del passato distruttiva che funziona come una zavorra. Bisogna cacciare via dalla mente il ricordo delle delusioni e delle disconferme, ma anche le paure che scaturiscono da ogni ferita, perché sia possibile concentrarsi sui piccoli piaceri che rendono bella la vita e che spesso ci sembrano banali.


Ho consumato il mio pranzo, accompagnato da un buon vino, sulle rive dell'Arno, in un ristorante nei pressi di uno dei tanti retoni tipici.


Quindi mi sono messa a oziare su una sdraio aspettando il volo di qualche gabbiano nell'azzurro... 


o osservando i ricami dell'acqua dopo il passaggio di una barca...


...e le foglie verdi e grasse della salvia fiorita.
E poi, al ritorno, si è trattato di dare la caccia ai papaveri

e di carezzare con lo sguardo la terra che di tanto in tanto sembrava pettinata come un giardino zen.

L'ultima tappa prima del rientro a casa e dell'iniezione serale di eparina è stato un piccolo bar /trattoria, popolare nell'aspetto e nei prezzi, con i tavolini anche all'aperto e quasi sulla strada. Lo frequentavo quando ero ancora studentessa per mangiare la zuppa toscana con cipolla cruda e le acciughe alla povera, bevendo un bel rosso; ma soprattutto nelle calde sere d'estate, per una fetta di cocomero o una granita alla menta.

In barba a qualsiasi prescrizione salutistica o dietetica ho avuto voglia di una spuma bionda fredda, che era la bevanda più consumata da grandi e piccini nei bar, non certo alla moda o all'avanguardia, del piccolo paese in cui sono cresciuta. Sorseggiandola (e sentendomi molto proustiana) pensavo che continuo a preferire le linee a spirale a quelle dritte perché mi piace coniugare trasformazione e permanenza e poter credere che niente si perde davvero, ma tutto, affetti, esperienze e persone, in qualche modo si recupera sotto mutate vesti. 


E continuando a sorseggiare la mia bevanda fuori moda consideravo anche un altro aspetto, legato al fatto che proprio accanto alla baracchina/bar/trattoria dove mi trovavo si offre, agli occhi desiderosi di bellezza, la bella basilica di San Piero a Grado, eretta nel luogo dell'antico porto fluviale pisano.


Pensavo che per me il fascino duraturo nel tempo di quel luogo, considerato nel suo insieme, è legato alla convivenza improbabile e affascinante tra l'arte nella sua più alta espressione e i minuscoli piaceri dell'esistenza riposti in un piccolo luogo accogliente, sia pure esteticamente discutibile e anche un po' bizzarro. Preferisco da sempre, infatti, il gioco delle differenze, all'artificiosa armonia del tutto omologato.

4 commenti:

  1. Buongiorno. Che bel blog! L'ho trovato per caso mentre cercavo qualcosa sul suo libro "Affetti ed empatia nella relazione educativa" che ho, lo studiai anni fa, non lo trovo più e mi riserve per una questione assurda di concorsi pubblici. Insomma grazie per il blog e a presto. Cristina

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  2. Grazie! (Il libro può essere trovato, per fotocopiarlo, nella biblioteca di Filosofia e Storia di Pisa, in via Paoli)

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  3. La foto col piedone mi ha ricordato il nonno di Zorry Kid e ho sorriso di gusto.

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