giovedì 7 maggio 2015

Il reale, il virtuale e il sonno di Ulisse


Finalmente Ulisse dorme pacificato. Finora non ha fatto altro che sognare; muoveva le zampette come se corresse, agitava la coda, faceva vibrare i baffi e tremolare le orecchie. Chissà se era rincorso o rincorreva; se c'eravamo anche noi umani, nelle sue visioni, o se invece aveva a che fare soltanto con un piccolo insetto tenuto d'occhio da sotto i vetri di una finestra.


Io mi incanto sempre a guardare un gatto che sogna. Un po' perché mi viene la tentazione di aiutarlo a fuggire o persino a ghermire la preda; mi fa tenerezza questo affannarsi per qualcosa che non esiste nella realtà degli odori e delle consistenze, ma solo in quella della mente. Un po' perché di questa esperienza affascinante che ci coinvolge tutti crediamo ormai di sapere, ma ogni volta che ci pensiamo in maniera meno superficiale ci sentiamo precipitare nell'universo del non senso.



Ulisse sta davvero rincorrendo un topo; o forse scappa da un cane o, ancora, cerca affannato un riparo dalla pioggia. Ma è anche vero che invece c'è il tepore del sole di maggio, c'è quiete e silenzio e lui ne è avvolto come me e come gli oggetti di questa stanza. Sta correndo, ma nello stesso tempo è immobile.


Non siamo nel bosco, non ci sono rami, tutt'attorno, ma libri e cuscini; non ci sono il mare o il cielo, ma immagini di mare, di cielo e di foglie, appese alle pareti. E così viene da domandarci quale sia davvero la realtà virtuale; forse è la sua di questo momento, il suo topo e il suo bosco inesistenti, oppure è la nostra, i libri che ci trasportano lontani nel tempo e nello spazio, le immagini di cielo alle pareti e i cuscini colorati di tutti i colori della terra.


Chissà cos'è il virtuale, se il fruscio delle foglie nel vento che accompagna la corsa illusoria di Ulisse, mentre lo osservo dormire sul divano, o questo silenzio immobile della casa, in un pomeriggio tiepido e pigro di maggio. Ora c'è una fantasia che mi attraversa la mente, inaspettata e tenera. So che chiuderò gli occhi per un poco, perché quando si è convalescenti i ritmi si scombinano, ed entrerò in quell'altra realtà, non so più dire quanto vera e quanto virtuale. Ulisse invece avrà aperto gli occhi e veglierà, forse un po' perplesso, il mio piccolo sonno fuori orario.

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