martedì 10 settembre 2013

La torre di Babele

Vidi "Il flauto magico" di Bergman, che propone fedelmente l'opera, in una specie di piccolo cineforum. Ero una e da ragazzina ina ina e ne rimasi folgorata al punto che ancora oggi, pur essendo questa una delle mie opere preferite, non riesco a non comparare l'impressione che ricevo dall'ascoltarla con quella generata allora da questo film. Penso di essere rimasta affascinata dal fatto che qui il regista non si limita a riprendere cinemtograficamente un'opera, ma cerca di mettere in dialogo i due linguaggi, quello teatral-musicale e quello cinematografico, con il risultato di esaltarli entrambi. Qui si vede come lo spettatore possa diventare parte attiva dello spettacolo, come il suo sguardo, l'increspatura delle sue labbra o il loro tremito sottile, la testa inclinata di lato oppure dritta, contribuiscano alla costruzione di senso. Uno spettatore non passivo, ma parte attiva dello spettacolo come dovrebbe essere e come spesso non è. Spesso a teatro, immobili nelle proprie poltroncine, si applaude per sentito dire, per omologazione, per imitazione, per la fama pregiudiziale che riscuote questo o quell'artista e non per partecipazione vera. E poi quelli con la puzza al naso, ma questo non è teatro, ma questo non è cinema...Che bella l'ibridazione dei linguaggi, quando si realizza! E la torre di Babele, come metafora, è assai più piacevole e gioiosa del linguaggio unico e omologato al quale ci stiamo abituando.

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