venerdì 20 giugno 2014

L'onomastico e la voce




Il trasloco, si sa, non ti fa perdere niente, caso mai ti fa ritrovare quello che credevi di non avere più. Piccoli oggetti, disegni, appunti personali. Per esempio quello che sto per trascrivere qui non ricordo nemmeno se era stato scritto per qualcuno o per me soltanto. C'è segnata la data e si tratta di un anno prima che mia madre morisse.

Fernand Khnopff, Roses, 1911
“Venerdì 17 settembre 2010. Questo silenzio è innaturale. Mi sono portata del lavoro e così me ne sto seduta, quasi accoccolata sulla mia impotenza, a guardarla mentre respira lentamente e tiene gli occhi chiusi; solo scossa, di tanto in tanto, da un piccolo tremito e da una specie di colpo di tosse prolungato sebbene timido e sottotono. Non ce la fa più neanche a tossire. La mente si lascia attraversare dai ricordi di tutte le volte in cui in un ospedale come questo - e spesso esattamente in questo – ho seguito con apprensione il camice svolazzante di qualche medico  per avere notizie, ma in realtà per aggrapparmi a una parola, a uno sguardo. Sorrido a chi entra per portare a termine il suo compito specifico, lo stesso tutti i giorni, nella speranza che il sorriso sia ricambiato, che la vita e la sua leggerezza entrino in qualche modo in questo luogo di paura, di sofferenza, di estraniazione dal fuori, dai suoi colori e odori. Alzo gli occhi da ciò che sto leggendo e la osservo di nuovo: considero il colore della pelle, la sua lucentezza in certi punti, la tensione in altri. E la pena dei capelli grigi, scomposti, quasi violentati dal cuscino, sollevati qua e là senza armonia. Apre gli occhi, a un tratto, e cerca di guardare dalla parte da cui proviene una voce che assomiglia alla mia e che la chiama sorpresa: "Mamma, sei sveglia? Io sono qui!". Non ci riesce se non al prezzo di lasciare crollare la testa in avanti, sul petto. Un sospiro ed è già di nuovo lontana mentre io mi rimetto a lavorare per non sentire più la pena acuta e insopportabile che provo.”
Fernand Khnopff, Ligeia, 1887
Pochi giorni fa era il mio onomastico, ricorrenza della quale mi sono sempre scordata. Una sola persona ci teneva  a farmi gli auguri ed era mia madre.
Ogni anno il 13 giugno mi telefonava e io cascavo dalle nuvole e facevo spallucce. Anche questa volta me ne sono scordata e con me tutti quelli che mi sono vicini, tutti quanti. Finché a una certa ora mi ha telefonato una persona con la quale non ho nemmeno una grande confidenza e al suo inaspettato “Buon onomastico!” il cuore si è messo a fare i capricci e a battere forte. 
Fernand Khnopff, Ritratto di Jeanne Kefer, 1885

Ecco, sono le cose stupide, le più banali e quotidiane, a darti il senso acuto di una perdita.
Penso che non riesco a ricordare la sua voce. Ho molti ricordi visivi, ho chiara l’immagine del volto nelle sue trasformazioni nel tempo, ma la voce di mia madre no; la voce non la ricordo più. 


Fernand Khnopff, Mon coeur pleure d'autrefois, 1889

1 commento:

Scrivere in un blog è come chiudere un messaggio in una bottiglia e affidarla alle onde. Per questo i commenti sono importanti. Sono il segno che qualcuno quel messaggio lo ha raccolto. Grazie in anticipo per chi avrà voglia di scrivere qui, anche solo e semplicemente per esprimere la propria sintonia emotiva.