domenica 20 aprile 2014

La sorpresa


Frederic Leighton, Flaming June, 1895

Non avevo voglia di alzarmi, stamani. Tanto sarà freddo, grigio, nuvoloso o peggio. Mi dicevo lasciandomi avvolgere dalle fantasie del dormiveglia: tutti progetti che richiedevano il sole come cornice. Invece non ci sono più i meteo di una volta. Quelli con Bernacca, che i miei nonni ascoltavano come fosse la Pizia, sedendosi davanti alla Tv come se si trovassero davvero nel santuario di Delfi. E l’anticiclone delle Azzorre, i venti freddi che venivano dalla Siberia, quelli caldi e umidi da regioni non mai bene specificate dell’Africa. Insomma c’è il sole, un sole vero e un cielo azzurro come da cartolina pasquale. Come sono poco suggestivi i meteo attuali! E oltre tutto non sono nemmeno tanto più scientifici, a giudicare da stamani!



Non ricevo e non faccio la stessa quantità di auguri del Natale, per Pasqua. E in effetti, a volte, resto un po’ sorpresa quando per strada, nei giorni precedenti, qualcuno me li fa; poi mi riprendo. Ah,  già, la Pasqua. Mi dico senza particolare coinvolgimento.

Per un non credente cosa potrebbe voler dire, come si potrebbe dare un senso a una festa condivisa da molti? Perché se per tanti anni mi sono concentrata su altri aspetti, che mi rendevano estranea questa ricorrenza, ora penso invece che può essere importante la condivisione pur senza confondere i punti di vista. Penso allora alla primavera, al risorgere delle cose.
Gilbert Victor Gabriel, Le marché des fleurs, 1880
Non sono le cose nuove, che si festeggiano, infatti, ma la possibilità di recuperare quelle già conosciute, quelle perdute, quelle che disperavamo di poter mai resuscitare. Ma subito prima della gioia del ritrovamento ci si concentra sul dolore ingiusto e insensato, sulla crudeltà che rende ogni uomo il possibile carnefice o aguzzino di un altro come lui.
 
Pisa, Venerdì 18 aprile 2014
Venerdì, infatti, mi trovavo con altri nel cuore ferito della mia città insanguinata dalla morte innocente di un uomo il cui unico errore era stato quello di trovarsi in un certo punto, a una determinata ora, sulla strada di un disgraziato qualsiasi. Un disgraziato che aveva la rabbia nel pugno e il vuoto dentro o quel ronzio indistinto che a volte, magari attraverso l’alcool o altro, ti permette di creare un filtro percettivo e mentale, di togliere significato a tutto e non sentirti attaccato a niente, di guardare il mondo come da dentro un indistinto luogo di indifferenziazione e distanza.

E ora sono qui a predisporre per il trasporto in auto il cibo che ho cucinato ieri; e a pensare alle persone che ci saranno e a quelle che non ci saranno, là, nella casa di un’altra me più giovane, di quell’adolescente aperta e scontrosa nello stesso tempo in cui mi riconosco.
John William Godward, Summer Flowers, 1903
Non sempre è possibile mettere insieme i propri differenti mondi affettivi e dunque capita di essere in un luogo e starci bene e desiderarne anche un possibile altro o viceversa. E poi ci sono i ricordi delle uova di gallina alle quali, con mia sorella, facevano cappellini di carta prima di disporli davanti a ciascun commensale. Il giorno prima li dipingevamo come un volto – di cinese, di fatina, di chissà cosa – con tanto di capelli disegnati dietro. Era un dispiacere vedere il cinese o la fatina, dapprima elogiati, trasformarsi in cibo, perdere di magia. Però passava subito, c’era quell’altro uovo, quello di cioccolata.

La sorpresa. Anche questa è un richiamo perché la gioia arriva spesso inaspettata e ti sorprendi a sorridere di nuovo e a guardare l’orizzonte.
Ho visto ieri che si vendono delle uova per adulti, cioè, come c’è scritto a chiare lettere sopra, senza sorpresa. Ora, a parte ogni considerazione commerciale che qui sarebbe fuori tema, ma perché si pensa che sorpresa e gioco siano riservati solo ai bambini? Che triste filosofia di vita!
 
Alfred Stevens, Symphonie en vert, 1892
E allora: buone sorprese a tutti! (E questo è il mio augurio di stamani.)

1 commento:

  1. Sei tanto brava a trasmettere i tuoi pensieri, le tue emozioni... mi piace tanto leggerti, cara Antonella, in questo mondo pieno di enigmi voluti, di pensieri stravolti, soprattutto di poca chiarezza. Anch'io, da sempre agnostica, mi domando il senso di queste festività religiose e mi accorgo che in realtà sono una necessità per vivere il trapasso delle stagioni anche in senso positivo: alla mia età ho scoperto che gli umani hanno bisogno di riti, che ci credano o no. Hai mai pensato cosa sarebbe l'anno senza Natale, Pasqua e tutto il resto? Una sequela di giorni non ben identificabili, e niente altro. Inoltre vedo la gioia, l'attesa negli occhi dei miei nipotini e capisco il senso di tutte queste festività. Ti abbraccio e spero rivederti presto. Ada

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