giovedì 24 ottobre 2013

Zagor: maschio instabile, ma con tratti di dolcezza


Due sere fa, all’Arsenale, è stato molto piacevole discutere a proposito del film-documentario su Zagor, con Marcello Mangiantini (uno dei più importanti fra i suoi disegnatori) e Jacopo Rauch, sceneggiatore delle sue storie, coordinati da Fabio Gadducci come esperto di fumetto. 
Le storie di Zagor sono per la maggior parte storie di uomini, anche se a volte le donne compaiono, per esempio come guerriere, e un po' più di frequente nel ruolo di appassionatamente baciate. Zagor, il cui nome inizia con la stessa zeta di Zorro, aguzza e rassicurante, ha i muscoli e un corpo fatto per lottare contro i cattivi. 
Però ha un profilo psicologico complesso (il paragone immediato è con Tex che funziona, invece, in maniera semplificata e molto razionale) perché, per esempio, a volte prova compassione anche per il malvagio o si inganna sull'indole delle persone credendo buoni i cattivi e cattivi i buoni. E' un personaggio infantile nel senso buono del termine, perché si muove all'interno di cornici di fantasia e improbabili; e anche se è collocato nella prima metà dell'ottocento sconfina continuamente, all'indietro e in avanti, in altri tempi storici e non per errore, ma per scelta consapevole. 

Infantile Zagor lo è, dunque, in un senso per me positivo: perché vive in un'esplosione barocca e improbabile di fantasia, di giocosità e di paradossi. E infantile lo è anche nel senso che si muove in direzione contraria alla sua epoca. Scegliendo, per esempio, di vivere in territorio indiano con un'idea di possibile convivenza pacifica tra bianchi e nativi quando ancora - il primo numero è del 1961 - l'immagine dominante era quella dell'indiano scalpatore e selvaggio.
Zagor si muove in mezzo a una miriade di personaggi strani in un ambiente ibrido di vari mondi, così come il registro narrativo è caleidoscopico e comprende tutti i generi.                                              


Ha poi un’arma interessante e strana. Un’ascia con una pietra ovale al posto della lama: un'arma esteticamente molto femminile e usata per stordire più che per uccidere.
Forse, però, il motivo principale per cui provo una certa simpatia per l'emotivamente instabile Zagor è che la sua personalità è anche il risultato di una serie di perdite dolorose e irreversibili: la morte dei due genitori e poi quella del filosofo, girovago e strambo, che si era occupato della sua educazione e infine la scoperta della colpa  di cui si era macchiato il padre biologico nelle sue vesti di ufficiale. 
Nel film genera tenerezza il risalto dato al disegnatore primo – cronologicamente e per importanza – di Zagor, Gallieno Ferri, che racconta  della sua passione adolescenziale per il segno grafico e del rapporto nel tempo con il suo personaggio-creatura.
Interessanti anche gli argomenti della discussione dopo il film. Per esempio le differenze, nei fumetti, tra il bianco e nero e il colore; o America ed Europa a confronto (ho imparato che negli Stati Uniti si leggono molto molto meno storie a fumetti che in Europa); o ancora la quotidianità del disegnatore di fumetti, il rapporto lavoro-tempo che deve stabilire, la solitudine nella quale opera, la severità dei lettori e dei loro feed-back attraverso la rete o nei raduni. La discussione è continuata anche in un capannello fuori dal cinema, in particolare sui margini di tolleranza dell’evoluzione di un personaggio di fumetto datato che continua a produrre storie con ritmo regolare, e se sia bene o no che si trasformi un po’ nel tempo e quanto. 

Ma la domanda che mi preme, ora, è questa: e voi? Vi sentite più texiani o zagoriani? Per i maschi è una questione di immagine di genere. Quanto, invece, alle donne che volessero rispondere, consiglio loro di considerare anche il fatto che Zagor sembra un gran baciatore, diciamo così. 





4 commenti:

  1. Istintivamente ahimè sono con Tex, ma da sempre studio per diventare Zagor. E gli esami non finiscono mai

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    1. Credo che tu abbia diversi compagni di studio, allora! Per fortuna...

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  2. Zagor è considerato più infantile (nel senso negativo dell’aggettivo) di Tex e invece mi sembra vero proprio il contrario. La demarcazione netta tra bene e male impedisce di cogliere le sfumature e preserva dall’ansia e dall’incertezza, determinando il classico comportamento a gradini, in salita o in discesa, che è congeniale alle paure dei bambini e al loro modo di pensare, così manicheo. Ora bisognerebbe capire se nell’apprezzare un personaggio dei fumetti siamo legati prevalentemente al ricordo del significato che aveva avuto per noi, nel nostro passato di bambini, o se ci sentiamo in diritto, davvero, anche di riguardarlo con occhi di adulti. Forse, e dato che i fumetti rivestono un ruolo così importante a livello emozionale quando cresciamo, siamo portati a pensare che solo i bambini e gli adolescenti (e dunque i nostri ex io-bambino o adolescente) abbiano il diritto di fare valutazioni. Detto questo io sono sempre stata un po’ onnivora, in parte anche perché per lo più mi facevo prestare i fumetti da chi ne possedeva più di me, e ho letto e apprezzato anche Tex. Però mi è più simpatico Zagor, nel suo essere infantile nel senso positivo del termine (fantasioso, giocoso, indeterminato e psichicamente in movimento).

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  3. Sono d'accordo con te anche se come uomo mi sento a volte più Zagor e a volte più Tex!

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