martedì 22 ottobre 2013

A caccia di ricordi


Eravamo uno strano gruppo, domenica. Mio padre, noi quattro figli e altre persone aggregate tutti in giro per antiche e ripide scale, archi e stretti passaggi tra case piccole e arroccate le une alle altre, per lo più abitate solo d’estate.
Busatica di Mulazzo
Camminavamo insieme a lui sulle sue tracce lontane: la casa nella quale era nato e che non avevamo mai visto, la chiesa dove era stato battezzato; e poi per altri luoghi che in qualche modo ci erano già noti, come i vicoli nei quali aveva giocato e la piccola piazza dalla quale si potevano vedere, su, alte, le campane della chiesa di pietre scure che aveva fatto suonare nel vigore dei suoi anni giovanili. 

Busatica di Mulazzo
Nei momenti di pioggia gli ombrelli sembravano rompere con un’esplosione irriverente e gioiosa di colori il silenzio assorto dei molti toni di verde. E intanto un mantello di nebbia vaporosa si stendeva sull’orizzonte e sulle cime delle alte colline nascondendo del tutto alla vista i profili più lontani dei monti. Muschio e pietre. Odori di cantine, di muffe, di ripostigli nascosti.

In questa strana domenica i ricordi rappresentavano l’inafferrabile e ognuno faceva volteggiare nell’aria i propri. Erano frammenti di memoria leggeri come sospiri trattenuti o come il lieve sfiorare di una carezza con la punta della dita di una mano che subito si ritrae, quasi vergognandosi della tenerezza. 
Mulazzo
I ricordi di alcuni di noi, legati ai luoghi specifici nei quali camminavamo, a quelle pietre, erbe e profili di case si ibridavano con quelli di altri, suscitati per analogia e relativi a diverse abitazioni, boschi, scale e muri. E in tutto questo danzare nell’aria si confondevano gli uni con gli altri mettendo in scena la grande rappresentazione della memoria. E’ la memoria che trasforma ciò che abbiamo perduto e gli regala un'altra esistenza, in una dimensione diversa: quella della creazione e dell’illusione che danno senso alla vita e significato e perduranza ai nostri affetti. 
Camminando tra quei vicoli sembrava, a tratti, come di sentire altre voci e per questo, forse, di tanto in tanto facevamo improvvisamente silenzio, le orecchie e gli occhi tesi come quelli degli animali selvatici prima del temporale imminente. Sembrava di sentire, dunque, voci di bimbi, un parlottare fitto fitto  di anziani e piccole risate e baci segreti di innamorati scambiati negli angoli bui e sotto le volte scure di pietra. Non c’era nessuno, eppure era come se fossimo osservati da mille occhi voraci nascosti dietro le persiane chiuse. 

Busatica di Mulazzo
C'era un cane rosso, immobile davanti alla piccola chiesa, e poco più oltre un gatto dal pelo un po’ ispido, che sembrava una fiera selvatica e si capiva che era un combattente.
Pozzo
Entrambi, il cane rosso  e il gatto, ci hanno guardato senza stupore e pareva quasi che ci riconoscessero e ci aspettassero lì da un tempo infinito.
Busatica di Mulazzo


Rimando a un post precedente, sollecitata dal commento di Sandra, sull'essere nati in campagna e trasferiti poi in città...
Sola nell'auto che corre verso le colline

9 commenti:

  1. Bellissime parole e riflessioni. Mi è venuto in mente Proust. Al posto di un biscotto, le strade. Odori di case antiche e profumi della natura. Forse, chi è cresciuto in campagna e nella sua vita da adulto abita in città si porta dentro una specie di sofferenza, di ricerca malinconica di frasi che la natura ha scritto nei sensi di bambino. A volte, quando mi capita per caso di sentire un odore che mi riconduce alla mia infanzia, mi considero fortunata. Lo percepisco come un regalo, come un dono e sono felice in quell'istante. Sandra

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  2. Hai ragione Sandra. Avevo scritto tempo fa qualcosa su ciò che dici, ("Sola nell'auto che corre verso le colline"), ma non riesco a mettere il link nei commenti, perciò l'ho messo in fondo a questo post, se vuoi leggerlo!

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    1. Grazie. Ho letto e condivido in pieno le sue parole. Forse, il paese per alcune persone quando crescono diventa troppo piccolo. Anch' io ho avuto la stessa percezione del mio piccolo paese quando sono cresciuta. Eppure era tutto il mio mondo quando ero bambina: i suoi campi, le sue strade. Poi però, una volta in città, si sente la necessità di tornare. E allora si torna, quando si può, e si visitano i nostri luoghi. Quelli nostri, proprio nostri. E riaffiorano i ricordi: frasi, cadute, pianti, gioie, solitudini di bambino. Così ci si ritrova soli a rivivere una solitudine, la nostra, di tanto tempo fa.

      Metto la scena finale di un film di Tornatore che, secondo me, esprime questa solitudine mischiata ai ricordi. Sandra
      http://www.youtube.com/watch?v=BW_-0H_u3RQ

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    2. Un film che anche a me, cinedipendente grave, è piaciuto molto...

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  3. Il ricordo è uno dei misteri che viviamo, fino alla morte. Non ricordiamo tutto quel che ci accade (non abbiamo un hard disk interno), ricordiamo solo quello che ci preme, quello che vogliamo, quello che dobbiamo ricordare. E dimentichiamo quello che non vogliamo, possiamo ricordare. la dimenticanza ha un valore esatto, contrario al ricordo.

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  4. Eh sì. Il ricordo profondo è suscitato da qualcosa o qualcuno e non è riproducibile a piacere se non come ricordo freddo e tradito dalla traduzione razionale di un'esperienza emotiva. Il ricordo profondo ed emozionante ci assale all'improvviso. A volte per un odore, un sapore, un gesto che ci ricorda altri gesti, oppure un abbraccio. L'oblio è un dono. E' il dono che Prometeo offre agli uomini, prima ancora del fuoco e delle tecniche. "Seminai la speranza che non vede", gli farà dire Eschilo; cioè l'oblio, che rende possibile agli uomini sognare, giocare e dare senso alla vita.

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  5. Tornare in luoghi legati al passato dà la possibilità di andare indietro nel tempo, dona la stessa confortevole sensazione di una visita a un vecchio amico. Ma i luoghi possono essere nemici. Una persona che vive in Usa, settantenne, mi ha confidato che non riesce più ad andare nei posti della sua città che lo videro giovane senza star male, perché tutto è stato demolito, le vecchie case di legno smantellate, niente è rimasto a rammentare i tempi andati. Un luogo può anche trasmettere quindi la sensazione della dissoluzione del proprio mondo, dei propri ricordi, dare la consapevolezza di essere alle soglie di uno spaventoso nulla. Una sensazione terribile.

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  6. So cosa significa. E' successo anche a me in un certo periodo della mia vita di non poter attraversare una certa zona di Pisa. Poi sono riuscita, non so come, a fare i conti con l'esperienza dolorosa che vi era legata.

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  7. Fa parte del lato bello della vita: la capacità di guarire... meravigliosa

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