sabato 18 aprile 2015

Una forzata clausura

Agrigento - Ex convento di clausura 
Chi ne ha rotti due, chi tre, chi anche di più e ha ulteriori lesioni. Io ho una frattura scomposta, va bene, però si tratta di un solo osso e per di più piccolo: cosa vuoi che sia rispetto agli altri casi! E poi, dalle tante telefonate o messaggi di amici, ricavo la notizia che quasi tutti sono passati dal gesso e dalla clausura forzata, spesso anche dall’intervento e dal dolore. Sicché, cosa vuoi che sia: la situazione l’hanno superata loro, dunque la supererò anch’io.


Blu usurpatrice

E' ciò che mi ripeto continuamente dal momento della caduta, ma questa è la mia voce razionale. Quella emotiva dice ben altro e già che c'è mi ricorda, subdola e insidiosa, tutti i piccoli e meno piccoli progetti ai quali ho dovuto rinunciare; quindi mi suggerisce, la perfida, che chissà quante altre volte mi ricapiterà di cadere e farmi male dato che sono distratta e impulsiva. 

La loro ombra
La voce emotiva diventa preponderante nelle notte dopo l'intervento, insieme al dolore del post anestesia e all’angoscia che lo accompagna e che mi tiene sveglia mettendo in disordine la mente.


Thomas Hirschhorn, Indoor Van Gogh Altar, Arles 2014

Stanotte, però, ho dormito e infatti ora va meglio. 

Rispetto alla mia esperienza attuale conservo un ricordo molto positivo di tutte le persone che ho incrociato in sala operatoria; sono riuscita persino a scherzare e a scambiare battute con loro che mi regalavano molti sorrisi, un accenno di carezza sul braccio o sulla guancia e intanto mi tranquillizzavano spiegando tutto con calma e competenza.

Thomas Hirschhorn, Indoor Van Gogh Altar, Arles 2014

Non posso dire altrettanto del personale di corsia, nella quale tutto dipende da chi ti capita. C’è chi sorride e dice buongiorno ed è gentile e chi comunica quasi solo a gesti, ostenta il muso lungo per chissà quali sue traversie personali, non spiega niente, non dà indicazioni, non compie un gesto che non sia dettagliato nel mansionario (il sorriso di certo non c’è) e ti guarda come se fossi trasparente.

L'usurpatrice 2
A casa, finalmente, ti immagini di poter mettere in atto quello che tutti ti stanno consigliando: approfittare della situazione per riposarti, guardare qualche bel film, leggere, forse anche scrivere. Invece non ce la fai. All’inizio per il dolore; poi, quando lo tieni a bada e si placa un po’ anche naturalmente, perché la testa è come intorpidita e ti senti confusa, spossata e debole.


Thomas Hirschhorn, Indoor Van Gogh Altar, Arles 2014

Il riposo non scelto, del resto, non è così gradevole perché viene riempito dai pensieri involontari. Pensi e pensi e ti senti un’ingrata nei confronti della vita per non essere stata sempre in grado di apprezzare quello che avevi e che momentaneamente è sospeso; come la tua autonomia e libertà o come la possibilità di godere di tante cose belle: la natura, il cinema, una serata fuori condivisa, un concerto o uno spettacolo.


Sempre Agrigento, sempre ex convento di clausura
Ora ogni piccolo gesto banale sembra un’impresa. Impari ad arrangiarti muovendoti su un piede solo, ma cedi ogni tanto al lamento, qualche volta anche allo scoraggiamento perché l’altro piede, quello malconcio, ti fa male dopo poco che non lo tieni sollevato; oppure perché i tempi delle azioni consuete sono lunghissimi o anche perché scivoli, perché per poco non cadi di nuovo e ti spaventi molto.


Thomas Hirschhorn, Indoor Van Gogh Altar, Arles 2014
Oggi va molto meglio, lo ribadisco. Riesco anche a scrivere questo post. In questi giorni ho sperimentato ancora una volta quanto sia essenziale la rete amicale delle donne nei momenti di crisi. Alle amiche vere puoi raccontare, se vuoi, tutto quello che ti passa per la testa quando stai così; e puoi affidare loro anche la tua paura di invecchiare, che non è legata alle questioni estetiche, ma alla possibilità di non essere più, un domani, autonoma e libera come ti sei sempre voluta sentire. 

Thomas Hirschhorn, Indoor Van Gogh Altar, Arles 2014

Penso che per me si tratta di una clausura forzata e di una maggiore fragilità psicofisica temporanee e mi vengono in mente i tanti bambini e giovani disabili con i quali ho interagito prima dell’attuale professione. Per quanto abbia sempre avuto la sensazione di immedesimarmi profondamente nella loro condizione, ora mi rendo conto che non avevo che una pallida idea delle loro paure e difficoltà. Poi penso anche a mia madre, a quella sua malattia che l’aveva resa dipendente dagli altri per ogni più piccolo gesto o bisogno, senza, purtroppo, toglierle la consapevolezza. 


Ancora Agrigento, ancora ex convento di clausura


L'ho già scritto: oggi va meglio. Così decido di dedicare energie a un gesto di cura non medica per me. Ed eccomi in precario equilibrio nel bagno, felice di massaggiarmi la gamba buona con una crema idratante profumata e poi dedicarmi allo stesso modo anche a quel che è scoperto della gamba transitoriamente parassita. Sì, oggi va davvero meglio: riesco anche a scrivere  e persino a pensare all’estate.

Il tipico sonno vigile dei gatti in territorio usurpato.

4 commenti:

  1. Povera antonella, ti capisco... conosco... bisogna soltanto avere pazienza e aspettare che tutto questo diventi solo un ricordo. Pensi all'estate... non verresti da me? Ne sarei molto felice. Ada.

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  2. Ci posso provare...Per ora penso all'estate in senso molto generico, mi sembra di vivere nell'angustia non solo spaziale, ma anche temporale! Però, hai ragione, passerà...

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  3. Solo adesso leggo questo post, anche attirato dal titolo che mi ricorda uno degli episodi del film visto ieri sera. Chissà se ti senti come la badessa della boccaccesca novella delle suore di clausura :-)
    Mi spiace che ti sei persa un bel film dei Taviani... ma adesso riposa e goditi la tua convalescenza casalinga!

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    1. Per fortuna mi ero fiondata a vedere quel film appena è uscito! Mi è piaciuto molto, in barba alle critiche dispregiative che ho letto e che continuo a leggere!

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