martedì 7 aprile 2015

Orme


Tanti anni fa arrivavo lì sempre con il treno e qualcuno veniva  a prendermi alla stazione; oppure facevo quei pochi chilometri in autostop. Da quando ho avuto un'auto, però, sono sempre andata con quella. Ecco perché ieri, sul treno, ero tutta avvolta in un invisibile mantello di nostalgia. Stesse stazioni, stesso paesaggio dal finestrino, stesso binario, stesso buio improvviso per via di una lunga galleria, sempre la medesima e ogni volta inaspettata. 


E poi stessa spiaggia libera, al confine tra due cittadine balneari, accessibile ai cani e piena di insenature e ripari naturali dalla calura. Basta stendere dei teli sui rami degli arbusti e si ha tutta l'ombra del mondo, ma ieri non era ancora così caldo da renderlo necessario.


Bisogna lasciare l'auto a un certo punto e proseguire a piedi e più si va avanti meno persone affollano la spiaggia, perciò ne vale la pena. Prima si attraversa la pineta tutta punteggiata dai ciclamini e odorosa del loro profumo e di resina.


Poi ecco le nuvole basse che sfiorano quasi l'acqua, il colore insolitamente chiaro del mare e i profili delle isole ben visibili.



Indosso gli stivaletti con i tacchi perché la spiaggia non era prevista e invece finisce che andiamo lì a fare un piccolo fuoco per abbrustolire qualcosa e ad accompagnare quel qualcosa con della buona birra fredda.



I tacchi, assai inopportuni per la circostanza, lasciano dei segni profondi nella sabbia dura del bagnasciuga e al ritorno mi diverto a ripercorrere le mie riconoscibilissime orme. Un po' come a volte succede anche nella vita, se si chiudono gli occhi. Forse "Il posto delle fragole", per me, potrebbe anche essere questo.


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