martedì 21 ottobre 2014

Galileo, il liuto, la matematica e i giocattoli.


Il suonatore di liuto di Caravaggio
Mi sono commossa nel guardare quei ragazzi e quelle ragazze disposti in semicerchio, con i loro strumenti, nell’aula magna di un liceo della mia città. Perché vorrei che tutte le scuole fossero così, e non solo i licei musicali. In occasione dei 450 anni dalla nascita di Galileo in quella scuola c’era un convegno sul rapporto tra musica e scienza, che purtroppo non ho potuto seguire, se non per poco, per altri impegni di lavoro. Però l’ho detto, nel mio intervento previsto all’inizio. Ho detto che mi dispiaceva lasciarli sapendo che avrebbero parlato di cose che mi interessavano. Per esempio del rapporto tra un padre, Vincenzo Galilei, e un figlio, Galileo Galilei, così diversi e così simili nello stesso tempo.

Il film di Liliana Cavani, del 1968, fu prodotto dalla Rai,
ma mai trasmesso in televisione.
Del resto è dal padre che quel figlio aveva imparato a non ammantarsi di certezze teoriche e di abitudini speculative, a sperimentare, mettere alla prova, verificare ogni teoria senza preoccuparsi dell'autorevolezza di chi l'aveva formulata.


Ecco perché la rivoluzione musicale resa possibile dal padre mi piace pensarla come la colonna sonora di un improbabile film, quello che immagino nella mia testa sulla vita del figlio e sulla sua personale rivoluzione nel campo delle scienze. In questo film io mi immagino il giovane Galileo con i suoi capelli rossi e scarruffati mentre esce, la mattina, dal portone della sua casa, nella mia città e si trova catapultato all’improvviso dal silenzio alla ridda delle voci dei bancarellai, in mezzo alla verdura e alla frutta.

La suonatrice di liuto di Vermeer
E poi mentre cammina tra gli odori di cibo e i colori sgargianti dei prodotti della terra, gioiosi e giocosi come fare scienza o fare musica in maniera sperimentale, provando la fatica, ma anche l’entusiasmo legato alla curiosità e al desiderio di farsi meravigliare. In questo film immaginario penso che si potrebbe raccontare che Galileo, fino a 19 anni, non si era mai dedicato allo studio di quella che una volta scoperta, sarebbe diventata la sua disciplina preferita: la matematica. Credo che farebbe piacere sentirlo dire, ai ragazzi, che dovrebbero essere considerati strani e forse anche un po' preoccupanti quelli di loro che amano allo stesso modo tutte le materie, che non hanno preferenze, che non detestano qualche argomento di studio, ogni tanto, che non prendono mai, neanche una volta nella vita, un brutto voto o una nota di biasimo.

Sempre Vermeer, particolare della suonatrice di chitarra
Prima di scoprire la matematica aveva studiato la letteratura, scrivendo a sua volta, l’arte, dipingendo a sua volta e la medicina; ma soprattutto la musica, in maniera completa, suonando il liuto e studiando le proprietà fisiche delle corde nel loro vibrare e l’acustica. In quel film sulla sua vita che immagino e che, sia pure in senso metaforico, difficilmente verrebbe proiettato nei luoghi nei quali si parla alla maniera scolastica tradizionale di grandi studiosi, letterati o artisti, vorrei anche che si mostrasse che per sbarcare il lunario si muoveva, quel ragazzo e poi quell’uomo dalla chioma fluente e fulva, tra le teorie più sublimi e più astratte, le sperimentazioni scientifiche più ardite e l’industriosità di vendere oroscopi o qualcuna delle sue macchine prodigiose, come i compassi.


Se il film fosse quello che immagino e se lo proiettassimo e se facessimo la stessa cosa – dicevo fra me e me – per tutti i grandi che onoriamo quando c’è un anniversario o una ricorrenza, quegli studiosi, quegli scrittori e poeti, quegli scienziati, non parrebbero più così distanti, ai ragazzi. L’apprendimento, la conoscenza, la scienza, l’arte, la letteratura e la musica sono intessute, infatti, di una stessa, identica stoffa che è fatta di inquietudine e di passione. Il verbo “apprendere”, del resto, allude al gesto antico della prensione, dell’afferrare un oggetto interessante e bello con le mani e portarlo a sé e poi annusarlo, assaggiarlo, carezzarlo, come fa il bambino piccolissimo quando gli offriamo un dolce o un giocattolo.

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