Il suonatore di liuto di Caravaggio |
Mi
sono commossa nel guardare quei ragazzi e quelle ragazze disposti in
semicerchio, con i loro strumenti, nell’aula magna di un liceo della mia città.
Perché vorrei che tutte le scuole fossero così, e non solo i licei musicali. In occasione dei 450 anni dalla nascita di Galileo in quella scuola c’era un convegno sul rapporto tra musica e scienza, che purtroppo non ho potuto seguire, se non per poco,
per altri impegni di lavoro. Però l’ho detto, nel mio intervento
previsto all’inizio. Ho detto che mi dispiaceva lasciarli sapendo che avrebbero
parlato di cose che mi interessavano. Per esempio del rapporto tra un padre, Vincenzo Galilei, e un figlio, Galileo Galilei, così diversi e così simili
nello stesso tempo.
Il film di Liliana Cavani, del 1968, fu prodotto dalla Rai, ma mai trasmesso in televisione. |
Ecco perché la rivoluzione musicale resa possibile dal padre mi
piace pensarla come la colonna sonora di un improbabile film, quello che
immagino nella mia testa sulla vita del figlio e sulla sua personale
rivoluzione nel campo delle scienze. In questo film io mi immagino il giovane
Galileo con i suoi capelli rossi e scarruffati mentre esce, la mattina, dal
portone della sua casa, nella mia città e si trova catapultato all’improvviso
dal silenzio alla ridda delle voci dei bancarellai, in mezzo alla verdura e alla
frutta.
La suonatrice di liuto di Vermeer |
Prima di scoprire la matematica aveva
studiato la letteratura, scrivendo a sua volta, l’arte, dipingendo a sua volta e la medicina; ma soprattutto la musica, in maniera completa, suonando il liuto e studiando le
proprietà fisiche delle corde nel loro vibrare e l’acustica. In quel film sulla sua vita che
immagino e che, sia pure in senso metaforico, difficilmente verrebbe proiettato
nei luoghi nei quali si parla alla maniera scolastica tradizionale di grandi studiosi, letterati o artisti, vorrei anche che si mostrasse che per
sbarcare il lunario si muoveva, quel ragazzo e poi quell’uomo dalla chioma fluente
e fulva, tra le teorie più sublimi e più astratte, le sperimentazioni
scientifiche più ardite e l’industriosità di vendere oroscopi o qualcuna delle sue macchine prodigiose, come i compassi.
Se il film fosse quello che immagino
e se lo proiettassimo e se facessimo la stessa cosa – dicevo fra me e me – per tutti
i grandi che onoriamo quando c’è un anniversario o una ricorrenza, quegli
studiosi, quegli scrittori e poeti, quegli scienziati, non parrebbero più così
distanti, ai ragazzi. L’apprendimento, la conoscenza, la scienza, l’arte, la
letteratura e la musica sono intessute, infatti, di una stessa, identica stoffa che è
fatta di inquietudine e di passione. Il verbo “apprendere”, del resto, allude
al gesto antico della prensione, dell’afferrare un oggetto interessante e bello
con le mani e portarlo a sé e poi annusarlo, assaggiarlo, carezzarlo, come fa
il bambino piccolissimo quando gli offriamo un dolce o un giocattolo.
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