domenica 14 settembre 2014

Le nuvole nere e il grano della vita


Vincent Van Gogh, Campo di grano con volo di corvi, 1890
Come il volo di corvi neri su un campo di grano.  Stamani: vedere di nuovo quella camicia arancione, il mio colore preferito, e la testa un po’ china da un lato di un uomo che aspetta di morire, i suoi occhi come fessure puntate verso l’orrore. Ronzio alle orecchie, nausea, cuore che batte forte, immagini rapide di tutta una vita e il tentativo vano di abbracciarle un'ultima volta, in un attimo dilatato dalla paura. E accanto l’uomo nero, come quello che minacciavano in altri tempi ai bambini, che lo tiene in pugno. Ronzio anche alle sue orecchie, cuore che batte forte, eccitazione e paura insieme, ma poi, quando la voce si alza nel proclama, il vuoto dell'anestesia emozionale. Uno è inginocchiato accanto al padrone della sua vita, l’altro, rigido e anestetizzato, è in piedi, avvolto nelle sue parole di onnipotenza come in un mantello più nero di quello che gli copre il volto e il corpo. Misera umanità, la nostra. 

V. van Gogh Autoritratto con orecchio bendato e pipa, Arles, 1889
Quest’anno dedicherò il mio corso all’intersezione tra storia individuale e storia collettiva rispetto al conflitto, all’aggressività e alla rabbia. Le violenze collettive sono legate a guerre, genocidi, massacri e torture, a conflitti politici, territoriali, culturali e religiosi; ma anche, in maniera più subdola o meno visibile, all’organizzazione del lavoro e delle relazioni sociali. Riguardano in primo luogo le vittime e gli autori, certo; però riguardano anche i testimoni, compresi quelli a distanza. Come noi, stamani. La nostra domenica di sole è ferita da quell’immagine - l'uomo arancione e l'uomo nero - che non riesco a cacciare dalla mente. 


Nel filmato: il (bellissimo) sogno di Van Gogh, di Kurosawa.

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