La Toscana è la mia terra: ne amo i
colori, i profumi, le storie. Mi piace scoprirne nuovi angoli e magari
condividere buoni piatti in un piccolo borgo qualsiasi. Ho trascorso, così, una
domenica gioiosa, eppure venata anche un po' di malinconia.
La malinconia è un sentimento vitale che
si genera, spesso, dalla paura di perdere qualcosa di prezioso che ci fa stare
bene. Si lega alla gioia di vivere e può arrivare, improvvisa, a interrompere un
intreccio di battute e risate, come un brivido sottile per il primo freddo
d’autunno.
In questa mia domenica irrompe, per esempio, nel ricordare che il
“dolce e forte”, tipico della cucina toscana più antica, era uno dei piatti che
preparava la mia nonna. Oppure attraversando il nastro grigio della strada che divide
le distese di ulivi contorti dai filari di viti, guardando i profili dolci
delle colline e già immaginando i colori appassionati dell’autunno. O perché,
ecco, riconosco il verde dei piccoli vetri dei pali della luce che brillano al
sole come quelli di quando ero piccola e che non si trovano più.
Con il cuore già predisposto alla
commozione ho poi la fortuna di assistere a uno spettacolo bello e
coinvolgente che parla di attese vane, di perdite, del senso della vita e della
Storia. Si intitola “La bimba che aspetta” ed è scritto e interpretato da
Elisabetta Salvatori. La sua voce calda, il violino, la chitarra e la
fisarmonica rendono viva una storia
del passato, ma anche le leggende create attorno a essa nello
sfondo di speranze di mondi migliori e di utopie di altri tempi. Poi l’auto che
corre nella notte scura, il cuore che batte forte e nella mente il giallo dei campi ancora profumati d'estate.
La foto del palo con l'intreccio dei vari fili elettrici è bellissima. E se a te piace soprattutto l'aspetto estetico e cromatico io sono anche attratto da quello ingegneristico della apparente complessità che nonostante tutto funziona.
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