giovedì 21 agosto 2014

Daniza, King Kong e la stupidità umana


 
King Kong, di Merian C. Cooper  e Ernest B. Schoedsack, 1933
Lo so, ci sono le guerre e molto altro di assai più grave. Io, però, non ragiono così. Non ho mai fatto gerarchie tra esperienze positive; e da piccola disprezzavo chi mi chiedeva se volevo più bene al babbo o alla mamma. Allo stesso modo mi comporto di fronte alle esperienze negative e non valuto il grado di crudeltà in termini di spargimento di sangue, con l’equivalenza del tipo “più morti uguale più grave”. 

King Kong, di Merian C. Cooper  e Ernest B. Schoedsack, 1933
Valuto, invece, il senso profondo di ogni esperienza che reputo negativa. In sintesi: il granello di sabbia, per me, è un pezzo di deserto perché è ciò che ne rende possibile l’esistenza.

Credo che la vicenda dell’orsa che difende i suoi cuccioli e del cercatore di funghi che si apposta dietro un albero per osservarli, violando le più elementari regole di comportamento di fronte alla fauna selvatica, sia una metafora di molto altro. 
King Kong, di Merian C. Cooper  e Ernest B. Schoedsack, 1933
E' in gioco il nostro avventato ed egocentrico rapporto con la natura, ridotta a oggetto di predazione e consumo. Però la vicenda riguarda anche un’altra cosa, che tocca le mie corde più intime e sensibili e che deriva da una banale constatazione: il cercatore di funghi può raccontare la sua versione della storia e lasciarsi persino intervistare dai media, ma Daniza no. 


King Kong, di Merian C. Cooper  e Ernest B. Schoedsack, 1933
Ci sono interi universi di silenzio e sono, in genere, universi perdenti. Uno, per esempio, è abitato dai bambini: il termine “infanzia” allude proprio alla loro imperizia nell’usare le parole. Un altro è abitato da animali di specie diversa da quella umana. E altri ancora sono abitati da persone che non possono usare le parole o possono servirsene solo in maniera inefficace per comunicare i propri sentimenti. Mi riferisco a chi è affetto da malattie neurologiche degenerative legate all’età, ma anche a chi soffre forme di psicosi grave o di autismo. Prima dell’attuale professione ho lavorato con questi ultimi soggetti, in particolare con quelli autistici, che sono per lo più mutacici o usano in maniera del tutto soggettiva e inefficace il linguaggio verbale. 

King Kong, di Merian C. Cooper  e Ernest B. Schoedsack, 1933
Ho imparato che è possibile, di fronte a quanti non hanno parole, prestare loro le nostre per difenderne i diritti. Non in senso paternalistico, per renderli ancora più dipendenti, ma fungendo un po' da traduttori, per noi stessi e per gli altri. E così ho scoperto che si può dare un senso alle loro modalità comunicative, per quanto siano diverse e più complesse delle nostre semplici stringhe di sillabe. Bisogna mettersi in ascolto attivo e osservare, con umiltà e per un po’ spogliandoci della sicurezza che ci è data dai nostri alfabeti alfanumerici.

King Kong, di Merian C. Cooper  e Ernest B. Schoedsack, 1933


Io sto con Daniza anche perché non ho mai sopportato che ci fossero degli universi arroganti e loquaci, quelli di chi decide, e degli universi perdenti, quelli di chi è silenzioso. E anche per questo  King Kong, nel film del 1933 (quello classico), mi commuove. 

La foto più famosa di Daniza: mentre allatta i suoi due cuccioli

1 commento:

  1. Grazie! è bello trovare questo pensiero, è bello trovare qualcuno che difende ancora i diritti degli animali!

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