domenica 3 dicembre 2017

Bucarest, la città-ponte


Monastero di Stovropoleos. XVIII secolo

Bucarest ha molti volti e il suo fascino è tutto nei contrasti, segno di un passato tormentato e di una storia per lo più declinata tra ferite e rotture drammatiche.


C’è una Bucarest più antica, volta verso l’oriente, e non sono solo le chiese e gli affreschi bizantini a testimoniarlo. 



E c'è una Bucarest, invece, in dialogo con l’occidente. Lo si respira, questo doppio volto della città, nei suoi bei musei, ma anche nella sua cucina e nello stile di vita o nell'assetto dei negozi, moderni o più tradizionali che siano.



Bucarest rappresenta se stessa al visitatore come una sorta di ponte tra oriente e occidente. L'ho pensato fin dal primo giorno della mia permanenza e poi ne ho trovato un'inaspettata conferma iconica antica proprio visitando il Museo della Letteratura rumena, cioè il promotore principale dell'iniziativa accademica per la quale mi trovavo lì.



E' un ponte un po' malsicuro questa città caleidoscopica, ma che resiste alle ingiurie della storia e grazie al quale si può simbolicamente passare di qua e tornare di là o viceversa, con la consapevolezza, tuttavia, della fragilità di questo travalicare i confini e della possibilità del non ritorno. 

La foto è venuta male, come la precedente, perché il libro è giustamente protetto dal vetro ed è impossibile evitare i riflessi.
Il ponte è una metafora ambivalente. Ci ricorda la possibilità della ricongiunzione con ciò che è separato, ma anche quella opposta della rottura inesorabile e del chiudere per sempre ogni varco. Il ponte allude al conflitto difficilmente sanabile e nello stesso tempo alla speranza di una rinnovata armonia. Analogamente funzionano il nostro braccio e la mano, organi-ponte che tendiamo nel saluto e per abbracciare qualcuno, mentre le braccia conserte si pongono, invece, proprio come un ponte chiuso di fronte all'altro.




Di confini abbiamo parlato molto anche nel convegno per il quale mi trovavo lì e che riguardava i rapporti tra la cultura rumena e le culture altre dell'Europa; di confini e di identità, di ibridazioni e di diaspore, di esilio e di ritorno, di difesa orgogliosa della propria cultura e di desiderio, invece, di favorirne la circolazione anche al prezzo di perdere un po' della purezza originaria. 


Sala della Biblioteca della Facoltà di Lettere
A un certo punto, ascoltando curiosa e coinvolta le relazioni dei miei colleghi di Pisa su argomenti dei quali, con loro, non avevo mai discusso, ho pensato che i confini che ci riguardano sono così tanti che non ci sarebbero cultura né arte, né gioia alcuna, se non fossimo disposti a romperli ritmicamente per poi ricostituirli e quindi romperli ancora.



I confini possono ergersi o incrinarsi e lasciarsi attraversare anche tra persone che condividono una stessa tradizione, storia, lingua, professione.

Può capitare che in un contesto diverso dal consueto e comune ambiente di lavoro le persone che si conoscono già mostrino qualche aspetto nuovo di sé e si ri-scoprano, con piacere, a vicenda.
Tra persone, cioè, che percorrono gli stessi corridoi ogni giorno, ricalcando gli uni i passi degli altri, e salgono e scendono scale consimili e si danno il buongiorno la mattina e l'arrivederci la sera.




Quelli che si frappongono fra l'uno e l'altro, anche se legati da una o più comuni appartenenze identitarie, possono essere i confini più rigidi, ancorché invisibili, proprio perché misconosciuti.



Abitare i confini significa doversi muovere nella tensione inquieta tra curiosità e paura, tra fiducia e sospetto.


Monastero di Stovropoleos. XVIII secolo

A Bucarest si ha l'impressione che il sospetto, in qualche modo, trasudi persino dalle pietre grigie delle case e dei muri, insieme alla sottile malinconia che ti avvolge camminando nelle strade ampie del centro.


Poi, però, ti trovi catapultato in un'altra atmosfera, quasi parigina, quando ti aggiri nella Bucarest Vecchia o, meglio, in quel che ne resta.



Questa è la Bucarest dei vicoli stretti e delle misure contenute, dei giardini piccoli a cornice di abitazioni graziose, colorate delicatamente, adornate di fregi in rilievo dai motivi déco.
Vecchia Bucarest

E' la Bucarest dei bistrot, del liberty, dei piccoli espositori di antiquariato, dei caffè che mettono a disposizione coperte colorate e calde per gli avventori che vogliano sedersi all'aperto nonostante il clima pungente.



E' la Bucarest dei lunghi, ariosi viali alberati e della sede della Filarmonica romena George Enescu, l'Ateneul Roman, dove si fa musica quasi quotidianamente. 

Palazzo Ateneul, sede della Filarmonica George Enescu

Tutto è colorato e il rosso gioca con l'oro e con il bianco mentre le forme sinuose, ridondanti, spiraliformi degli interni sono declinate in una sovrabbondanza gioiosa di luci  e di specchi.



La Bucarest più nuova convive con la vecchia in un contrasto immodulato e paradossale di colori e di forme.

Palazzo del Parlamento ed ex sede di Ciausescu
E' una Bucarest razionale, grande, ostensiva, imponente, ampia e costrittiva insieme, giocata sullo stupore generato dalle altezze e dai volumi. 


E' la Bucarest del rosario infinito delle finestre e dei balconi grigi o bruni tutti uguali che hanno sostituito la fisionomia belle époque e cosmopolita di questa città all'inizio del XX secolo.

Palazzo del Parlamento ed ex sede di Ciausescu
E' la Bucarest delle tetre, faraoniche, arroganti architetture del potere, emblema di insensatezza umana. L'attuale sede del Parlamento, edificata da Nicolae Ciausescu con profusione di marmi, lampadari sfavillanti e ori, a espressione del suo ego ipertrofico, è una mostruosità urbanistica per costruire la quale, in uno spazio spropositato, furono distrutti  molti bellissimi palazzi. 


Palazzo del Parlamento ed ex sede di Ciausescu

Cinque giorni non sono molti e certo mi è rimasto il desiderio di altri angoli da visitare e cibi da assaggiare e profumi, magari in stagioni diverse. Vicina al rientro, nella pioggerellina fitta fitta che ti gela le ossa, pensavo a come deve essere bella, Bucarest, a primavera...







Tombino 





















































Museo Nazionale della Letteratura rumena. Come un'astronave misteriosa nella notte


Palazzo del Parlamento ed ex sede di Ciausescu







I desiderata per i vivi e quelli per i morti, ordinatamente categorizzati. 


Palazzo del Parlamento ed ex sede di Ciausescu











Eugen Ionescu - Museo nazionale della Letteratura rumena


Mircea Eliade - Museo nazionale della Letteratura rumena





Museo d'Arte nazionale, come le foto successive































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