Marina e Parco - Vecchiano, 17 aprile 2017 (come tutte le altre foto di dune e di acque di questo post) |
Caldine (Fiesole), 16 aprile 2017 (come tutte le altre foto di ulivi, prati e fioriture di questo post) |
C'è stato un tempo in cui sbuffavo infastidita; poi, quando me ne venivo via con il bambino piccolo nel suo seggiolone, e caricavo con il ciuccio, il biberon e i pannoloni tutta una montagna di "occorrente", è stato il momento della risposta ironica e della battuta; e diverso tempo dopo, fino allo scorso anno, di fronte alla fragilità di chi mi salutava, ho solo cercato parole capaci di rassicurare.
Così, domenica, mi sono ritrovata a passeggiare per altri ulivi rispetto a quelli consueti e a socchiudere gli occhi per concentrarmi sull'argento delle loro piccole foglie, tanto diverso dal verde vivo dell'erba, tanto delicato in contrasto con il cielo azzurro della primavera nel pieno della sua arrogante bellezza.
E per tutto il lungo camminare un po' ho mentito a me stessa, fingendo di essere in un'altra campagna, a respirare l'odore di un'altra terra, più familiare e che mi è sempre sembrata più antica di tutte le altre che ho conosciuto.
Mi sono sentita strana anche il giorno dopo, tra le dune del parco di Vecchiano.
Ci andavo insieme ai miei compagni già quando ero studentessa e quasi sempre ci portavamo dietro qualcosa da mangiare e bere e poi facevamo notte con le chitarre e con le chiacchiere.
Ci sono tornata regolarmente, nel corso degli anni, per lo più in primavera e per un paio di stagioni anche d'estate, alla spiaggia attrezzata. Ma sono giorni strani, questi, e mi pare diverso anche ciò che più mi è stato familiare nel tempo. Succede, credo, quando per qualche motivo è necessario ridefinirsi un po'.
Gli ingegneri, riferendosi ai materiali che resistono agli urti e ai traumi, parlano di "resilienza". E in ambito psicologico, da un po' di tempo, questo termine è stato importato in riferimento alla capacità delle persone di trasformarsi per non farsi sopraffare dalle perdite.
Sono giorni strani, questi, perché ci sto provando a ridefinirmi e a essere resiliente, ma nel farlo mi perdo sempre un po', come se non volessi riconoscere del tutto il mondo.
Ieri sera, ormai uscita dalla modalità vacanza, ho cambiato programma all'improvviso e sono andata al cinema a vedere un film strano con l'intento di sentirmi meno strana io, cioè di riconquistare il senso della differenza tra realtà e illusione.
Era un po' come guardare un film di fantasmi per sbirciare, travalicando il tempo, la vita, i volti e la quotidianità di una cittadina intera. Dawson City, che dà il nome al film (Dawson City - Il tempo tra i ghiacci, di Bill Morrison) era stata la città della febbre dell'oro, nel nord del Canada.
Il cane si chiama Ares e io sarei, diciamo così, la zia (più o meno). |
C'è il sole, stamani, e vado e vengo e mi muovo avanti e indietro tra faccende noiose e altre più piacevoli, facendo di tutto per ritornare, dopo i giorni strani, a essere reale.
Come ti capisco! Sto vivendo giorni strani,tendo a guardare indietro nel tempo, a ciò che sono stata, quasi che un possibile futuro avesse poco da riservami e che il presente fosse solo rassegnazione di vita che va avanti trascinandomi. Ma so che non va bene, non deve essere così,allora come te mi immergo in forme d'arte,dalla pittura, alla scultura, alla letteratura per approdare al cinema...ed ecco che trovo il senso.
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