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Tamara de Lempicka, Andromeda incatenata, particolare |
Quest’anno non mi
va. E’ da un po’ che sento salirmi su dalle viscere un rifiuto quasi fisico
dell’otto marzo. Questa volta non ci riesco. E’ come se fossi improvvisamente
regredita a ciò che ne pensavo tanti anni fa, da ragazza. Negli ultimi anni,
invece, mi ero convertita all’idea che nonostante il forte rischio della
ritualità valesse la pena di usare questa giornata come occasione di
riflessione sulle discriminazioni di genere.
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Tamara de Lempicka, Il telefono |
Dunque ho partecipato - spesso li
ho organizzati io stessa – a eventi e momenti di incontro così concepiti e
alcuni sono risultati anche molto interessanti; benché circoscritti, di fatto,
a chi su quelle tematiche riflette già quotidianamente. Si è trattato, in
sostanza, o così stamani mi pareva, di incontri incapaci di toccare chi
vive la "festa" della cena per sole donne o la serata del goliardico spogliarello al contrario; di incontri incapaci ancor meno di toccare gli altri, quelli
che continuano con convinzione a offendere, violentare e discriminare noi
donne.
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Tamara de Lempicka, Kizette in rosa, 1926 |
Quest’anno non ho voglia nemmeno di partecipare alle varie manifestazioni o intitolazioni o riesumazioni o eventi del tipo intervistiamo la tale, importante donna, che ce l'ha fatta ad assurgere a posizioni di potere. Che quest'anno non mi andava l’ho cominciato a capire un mesetto fa, accorgendomi che di giorno in giorno cacciavo dalla testa il
pensiero del cosa organizzare dicendomi che c’era tempo, che me ne sarei
occupata l'indomani e poi l'indomani successivo finché siamo arrivati a oggi,
giorno della ricorrenza.
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Tamara de Lempicka, La dormiente, 1931 |
Ma ricorrenza di cosa, poi? La tragedia dell’incendio
nella fabbrica di New York (per alcuni di Chicago) in cui si pensava fossero morte 129 donne, chiuse dentro dal padrone, è quasi certamente un falso storico: non ve n’è traccia in alcuna fonte, così come sembra che non
vi sia traccia nemmeno di risoluzioni proposte da Clara Zetkin nella Seconda conferenza internazionale
socialista del 1910, a Copenaghen, in relazione all’otto marzo.
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Tamara de Lempicka, Idillio, 1931 |
Dunque: la festa la trovo adatta a chi per
tutto l’anno non si pone il problema della propria autonomia e se ne ricorda in
quest’unica data, intasando locali e pizzerie. La ricorrenza, che potrebbe
avere un senso, per come è diventata la trovo insipida, a colori troppo
pastello, ripetitiva e ormai decisamente stereotipata.
Sto pensando a come è duro denunciare che la
discriminazione si condensa nell’urlo lacerante di fronte al sangue, alle botte
e alla morte, ma non si ferma lì.
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Tamara de Lempicka, La camicia rosa |
C’è una linea di continuità tra le gambe
tagliate dal corpo di una donna sconosciuta e ritrovate in questi giorni in
Polesine e le ferite invisibili che spezzano simbolicamente la tenacia, il
coraggio, i sogni di quelle di noi che
alla violenza fisica sanno sottrarsi, ma possono essere vittime
designate di quella psichica. Quelle di noi che vogliono vivere esprimendo
liberamente se stesse, il proprio pensiero e le proprie emozioni, sono guardate
ancora con sospetto, sono oggetto di maggiori gelosie, possono generare paura e
diffidenza negli uomini e soprattutto devono impiegare molte più energie di
quante non ne occorrerebbero a uno di loro per essere riconosciute. E' così nei microcosmi intimi, ma anche nei luoghi di lavoro e in maniera ancora più forte in politica, dove a volte sembra di assistere a tutto un proliferare di donne usate come ancelle, un po' come in televisione avviene con le veline. Non è sempre e per tutte così, ma l'eccezione è legata agli esempi positivi che non sono affatto la regola.
Penso, infine, e questa è la riflessione più triste sulla giornata, che spesso
siamo proprio noi donne le peggiori nemiche di noi stesse.
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Tamara de Lempicka, Ritratto di Poum Rachou |
Svilendoci, accontentandoci
delle briciole d’amore, perdonando per principio, curando con dedizione e
sollecitudine gli altri e assai meno noi stesse e soprattutto facendoci troppo
spesso nemiche e rivali le une rispetto alle altre. No, quest’anno non mi va.
Hai messo il punto sulla piaga, Antonella. Soprattutto l'ultima frase: le donne sono le peggiori nemiche delle donne. Come superare questo stato? Nonostante la mia età, ho capito che almeno per me esiste soltanto un sistema per evitare la concorrenza e quindi l'inimicizia delle altre donne: comportarmi sempre da sorella minore. Forse perché lo sono stata anche nella realtá.
RispondiEliminaIo cerco di mettermi nei panni di quella che si pone come rivale o in competizione e di capovolgere la situazione. Qualche volta riesce, se l'altra fa lo stesso, e nascono così amicizie molto belle. A volte ci si accorge che l'immagine dell'altra è filtrata dagli uomini e arriva distorta, così come a loro arriva la nostra. Però spesso non riesco a trasformare una rivalità in amicizia, un rancore in allegria ironica. Le ferite più profonde, forse, mi sono state inferte da altre donne.
EliminaMa davvero pare che l'incendio della fabbrica sia un falso storico?? Giuro che non lo sapevo...
RispondiEliminaLe prime a scoprirlo furono due femministe e scrissero tutto nel loro libro sull'argomento: Tilde Capomazza, Marisa Ombra, "8 marzo. Storie, miti, riti della giornata internazionale della donna", ed. Utopia, Roma, 1991. Poi le vicende dell'8 marzo sono state riprese da una storica, Alessandra Gissi, nel suo testo su questa giornata e sul suo mito. Un incendio in fabbrica con molti morti, ma non solo donne, anche uomini, c'era stato davvero, a New York, nel 1911, però non era l'8 marzo, era un altro giorno di quel mese. Il perché e il percome del falso storico sarebbe un problema troppo complesso da affrontare qui in un commento. La cosa risale agli inizi degli anni 50 e si spiega all'interno delle battaglie politiche generali dell'epoca e del partito comunista di allora. Però, volendo, non sarebbe questo il punto, dato che l'8 marzo in altri anni è stato un giorno davvero di lotta delle operaie spesso oggetto di repressione da parte della polizia. E' stato, insomma - ma in quegli anni noi non c'eravamo - un giorno di lotta a prescindere dalla storia dell'incendio. Niente a che vedere con il poi, con l'oggi.
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