Le foto della vecchia miniera sono di qualche anno fa. Nel computer che ho con me ho solo queste |
Tuttavia non si può vivere una gioia relazionale se non ci si fida, se si chiedono ossessivamente riscontri e, soprattutto, se si mettono in atto azioni di grottesco spionaggio o richiestive di continue prove. Fidarsi, però, non significa non avvertire la propria fragilità o qualche piccolo timore, ma semplicemente accogliere le proprie paure stesse e, se si riesce, comunicarle in maniera leggera e con una qualche ironia proprio a chi ne è coinvolto. Non è facile. Ma abbiamo alternative che non siano auto ed etero-distruttive? Credo di no.
Ogni volta che penso alla fiducia mi viene in mente il Pozzo Alfredo.
Il Pozzo Alfredo è sempre al suo posto, poco fuori dal paese nel quale ho trascorso infanzia e adolescenza. Sarà un chilometro e mezzo di distanza, forse due, dall'abitato, ma non di più.
Oggi è parte del Museo delle Miniere, ma quando eravamo bambini era solo un pezzo di storia abbandonato ai rovi e alle serpi. Era però affascinante, come tutte le rovine, con le sue grandi ruote dentate arrugginite, le grate e il silenzio innaturale e misterioso che ci sentivamo costretti in qualche strano modo a rispettare.
Ci era severamente proibito andarci a giocare e il luogo ci veniva presentato come denso di pericoli di ferimento se non di morte. Tutto ciò, naturalmente, era per noi un motivo di più per farlo, scavalcando alla meglio le precarie protezioni. In realtà, però, ho sempre avuto il sospetto che in fondo gli adulti lo sapessero e che quel luogo l'avessero praticato anche loro, da piccoli, uscendone indenni, e per questo coltivassero la saggezza un po' fatalistica del lasciarci liberi.
Anche questa è stata scattata lì |
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