giovedì 19 novembre 2015

Io non voglio avere paura


Osservo con sospetto e rabbia l’attuale campagna mediatica sullo stato di guerra in cui ci troveremmo. La considero più irresponsabile e terrorizzante del terrorismo stesso. E’ con la paura, infatti, cioè facendo leva sulla più potente tra le nostre emozioni, che si crea terreno fertile per l’instaurarsi delle dittature. Crearla è il fine più importante delle azioni terroristiche consapevoli, perché la paura rende arrendevoli le persone, fiacca il loro spirito di resistenza e distrugge la loro capacità critica.



Molti dicono che siamo in guerra e lo fanno da opposte collocazioni politiche. Non sono d’accordo con nessuno di loro e trovo pericolosa questa affermazione. Noi non siamo in guerra, anche se vogliono indurci a pensarlo, finché la guerra non la dichiariamo; e che io sappia non l’abbiamo fatto (e spero che non lo faremo).



Il terrorismo è un fenomeno fisiologico della storia, attraversa epoche e culture diverse. A volte le azioni terroristiche sono opera di singoli e non hanno apparente motivo, come è accaduto nel 2011 a Oslo e Utoya, in Danimarca, dove un uomo da solo ha fatto fuoco su persone inermi uccidendone 70. Altre volte sono invece messe in atto in nome (o con il pretesto) di una religione o di un’ideologia.


Ogni giorno si compiono nel mondo guerre nelle quali perdono la vita moltissimi civili tra cui bambini e anziani.

Ogni giorno si compiono nel mondo anche attentati di tipo terroristico e i morti sono migliaia.

Tavola di Mino Manara su Piazza Fontana

E con che coraggio noi italiani parliamo di atti terroristici inusitati, che vengono da fuori, quando abbiamo avuto in casa - da pochi anni, rispetto ai tempi lunghi della Storia - la strage di Brescia e quella di Piazza Fontana e i treni fatti saltare in aria con il loro carico di vite umane, di affetti, di progetti spezzati?

Banca dell'Agricoltura, dopo.
Ancora, quando passo per la stazione di Bologna e specialmente se mi fermo per un cambio e leggo i nomi nella lapide commemorativa, vengo colta da una specie di malessere; come da un disagio profondo nei confronti dell’umanità.

Bologna, 2 agosto 1980
E quando il treno moderno, pinto e lindo, attraversa davvero come una freccia quella galleria lunga, da Firenze a Bologna, il cuore mi batte un po’ più forte e spesso interrompo quello che stavo facendo; ho un po’ paura; una paura irragionevole che il tempo si fermi di nuovo.




E se succedesse ancora? Credo che questo pizzico di paura irragionevole quando sono avvolti nel buio di quella galleria che sembra non finire più lo provino un po’ tutti quelli che hanno un ricordo diretto di quell'episodio; un atto terroristico tutto interno a noi, di italiani contro italiani, avvenuto in tempo cosiddetto di pace.


Ancora Milo Manara
L’anno scorso ho dedicato l’approfondimento del mio corso, cioè la sua seconda parte, proprio alle violenze collettive e agli atti terroristici, alle loro conseguenze psicofisiche sui sopravvissuti e sui testimoni indiretti; quindi anche noi, perché attraverso i video entrano nelle nostre quiete stanze le immagini e il sonoro di quegli atti.



Gli spari, le urla e il sangue accompagnano i pranzi e le cene di molti di noi e popolano gli incubi notturni di tutti. 
E’ questo lo scopo del terrorismo: terrorizzare, come banalmente ci suggerisce il termine. Le azioni omicide devono avere visibilità e suscitare identificazioni. Si deve avere paura  a uscire di casa, a prendere un treno, a visitare una mostra, a fare un gita in una città storica e persino ad andare in pizzeria.


V. Van Gogh, Campo di grano con corvi, 1890
Ci stanno riuscendo, ci terrorizzano con l’aiuto di giornali, televisioni e anche un po’ di quelli che scrivono che siamo in guerra e non si rendono conto che stanno facendo il loro gioco.
Penso che il terrorismo si debba combattere con due principali risposte: 
1) Mettere in atto azioni di pace cominciando dal terminare di vendere armi, tanto più in quei paesi che paradossalmente le utilizzeranno per colpire quelli in cui vengono prodotte. Chiudere traffici loschi e lucrosi commerci con dittatori e stati guerrafondai.
2) Non avere paura e non seminarla. Non perdere la capacità di ragionare, ma coltivarla. 

L'anelito alla felicità e il Fregio di Beethoven - Klimt
Non mi sento in guerra e voglio resistere a chi mi spinge a pensare che ciò che accade oggi sia improvviso o eccezionale per farmi perdere la capacità critica e rendermi prigioniera del terrore. Io non ho paura perché non voglio averla.

3 commenti:

  1. Sono pienamente d'accordo con te . In famiglia abbiamo affrontato questo argomento da diversi punti di vista. Diciamo che nonostante l'intenzione di non aver paura ,partendo dal senso del termine "terrorismo", non possiamo fare a meno di averne, è l'inconscio che entra in funzione, i nostri sogni, il nostro ammettere debolezze e fragilità umane di fronte all'impotenza verso alcune realtà. Subentra poi il cercare di sapere, conoscere, capire, di conseguenza pensare che il potere occulto possa fermarsi di fronte ad una forza si massa che aborrisce la violenza in qualsiasi sua forma. Per concludere Antonella, ogni anno a Natale parto per un viaggio in visita di qualche città europea.Quest'anno i miei figli non vogliono ritrovarsi in un aeroporto o in una metropolitana, nemmeno in un centro affollato, quindi la politica del terrore ha funzionato, oppure dovrei partire da sola, ci sto pensando.Dimenticavo, per ben due volte abbiamo schivato delle bombe per una settimana, ad Oslo e a Londra,con mia figlia in preda ad inquietudini e presentimenti. Sono esperienze che purtroppo mettono paura contro ogni presa di situazione o logica.

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  2. Capisco benissimo. Il mio era un invito a me stessa e ad altri a cercare di non lasciare che sia solo l'emotività a guidarci, ben sapendo come sia difficile farlo. Non dico di non ascoltarla (proprio io...), ma di cercare di discernere ciò che nasce dal nostro interno rispetto a ciò che viene indotto da fuori

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  3. Grazie delle tue considerazioni . Mi confermi nelle mie convinzioni. In tempi come questi abbiamo bisogno di confronto ...

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