lunedì 5 ottobre 2015

Ciò che non può tornare (dopo Settembre).

Questa e le foto successive sono state scattate in una passeggiata settembrina nei luoghi che più familiari non ce n'è, per me.
Settembre, almeno per me, è sempre stato un mese bellissimo, ma malinconico. E' il mese del commiato dall'estate. Un addio lento e ambiguo che si trascina incerto mentre i gialli luminosi si trasfigurano nei rosa ed è ancora lontana l'esplosione passionale dei colori dell'autunno. 

Questi luoghi sono stati lo scenario dei giochi dell'infanzia e poi di 
un'adolescenza un po' scontrosa.
Forse la malinconia dipende anche dal fatto che ricominciando l'attività normale emerge a coscienza tutto ciò che abbiamo trascurato, ma anche qualche rimorso, per quando non siamo riusciti a comportarci così come ci sarebbe piaciuto.

Se non bastasse, poi, per qualche recondito motivo proprio in questo mese si fanno improvvisamente vividi i ricordi delle ferite più recenti che associamo a quelle più antiche. Le ferite del cuore, si sa, non possono guarire mai. Hanno delle loro cicatrici resistenti e chi le porta le riconosce subito e a volte le carezza o perfino le ama, negli altri.

Ci si può anche innamorare del coraggio di qualcuno nel non nascondere le proprie cicatrici. A volte, però, le ferite del cuore diventano un alibi per non lasciarsi andare, per non rischiare. Altre volte, invece, crediamo di liberarcene brandendo noi stessi il pugnale con il quale ci sono state inferte.

Rivolgiamo a un altro le parole che in passato non abbiamo compreso, che ci hanno disorientato, sgomentato, fatto soffrire. Le stesse, proprio le stesse. Con quella faccia lì di chi, ferendoci, le aveva pronunciate per noi. Guardiamo riflessi negli occhi umidi di chi ci sta di fronte, nel tremito delle sue labbra, noi stessi di un tempo precedente.



Ma non lo sappiamo. Crediamo, così, di poterci liberare del nostro piccolo grande dramma e invece lo ripetiamo, ripetiamo, ripetiamo come una condanna e a volte anche per una vita intera, ora recitando la parte di chi impugna il coltello, altre volte quella di chi ne viene colpito.

Le ferite del cuore ci possono rendere anche insensibili, possono farci paurosi di fronte a un orizzonte tutto da costruire, duri, superficiali o cinici.

Le ferite del cuore ci possono, al contrario, anche rendere migliori, cioè più capaci di attraversare i conflitti, le contraddizioni, le paure dell’altro e le nostre intrecciate; di amare e di farci amare. Bisognerebbe solo ricordarci che possiamo scegliere, quando la vita ce ne offre l’occasione. 

Tutto appare così vicino e distante insieme. Nitido e sfocato.
I ricordi lontani, intendo.

2 commenti:

  1. Come sempre con meraviglia ho ammirato le tue foto,immagini che sanno cogliere il tuo sentire e stato d'animo, lo esprimono molto bene. Infatti leggendo ho riconosciuto tutta la mia malinconia, il mio sfiorare le numerose cicatrici del cuore, agli incontri che mi hanno resa felice, ai distacchi, alle nuove stagioni, ognuna con un suo motivo d'esistere, proprio come i ritmi del cuore.

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  2. al solito accusiamo gli altri dei nostri stessi problemi. Ho fatto un lungo e doloroso lavoro su me stessa a questo proposito, dato che non uso mettere la testa sotto la sabbia mi sono fatta aiutare. Ma lasciami dire o ribadire che le ferite cicatrizzano, le cicatrici restano, e per sempre. Quelle del cuore e dintorni ( la sensibilità, il rispetto, sincerità) sanguinano a lungo.

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