lunedì 17 agosto 2015

Di chi sono i figli?

Berthe Morisot, La culla, 1873
La discussione di questi giorni sul caso del bambino tolto appena nato alla madre e al padre ritenuti non in grado di curarsi di lui mi stimola una riflessione più generale. Perché io non desidero proprio che i figli siano considerati una proprietà dei genitori e non credo, infatti, neanche nell'idea di famiglia naturale. In altre parole: sono propensa a pensarla come chi ha preso la decisione di dare in adozione quel bambino a persone in grado di amarlo.

Berthe Morisot, Bambine alla finestra, 1892
In ogni famiglia i genitori possono commettere errori nei confronti dei figli e io non desidero, infatti, nemmeno un mondo di genitori perfetti. Penso, però, che in alcuni casi si vada oltre la normale imperfezione e si diventi pericolosi per i figli fino a distruggere, in maniera traumatica, la loro capacità di attaccamento. 

Berthe Morisot, 1880
Perché mettiamo al mondo figli? Credo che il motivo nobile sia più o meno perché gli affetti sono moltiplicatori di se stessi e dunque mettiamo al mondo figli per gratuità creativa e amorevole, cioè per desiderio di aiutare un altro più fragile di noi a realizzare se stesso. Dovremmo farlo, credo, senza pretendere nulla in cambio oltre alla lealtà e al rispetto. Per questo alla prima domanda - perché facciamo figli? - ne potrebbe seguire un'altra: è obbligatorio o indispensabile che tutti facciano figli? Credo proprio di no. E si può essere realizzati anche se non si è genitori?

Berthe Morisot, Il balcone, 1872
Credo proprio di sì. Una persona può essere o meno un genitore, ma non è definita solo da questa sua eventuale dimensione, cioè non vi si esaurisce.
Pare, però, che i motivi per i quali si decide di avere un figlio possano essere ben altri rispetto a quello appena menzionato. Per esempio prolungare noi stessi nel tempo o realizzare, attraverso di lui, i nostri sogni inevasi.

Berthe Morisot, Allo specchio, 1875
Oppure liberarci di antiche frustrazioni e ferite; o, ancora (e peggio), cementare un rapporto di coppia vacillante, se non fallito. Non è amore considerare i figli come una proprietà, esibirli se hanno un buon rendimento a scuola o se si distinguono nel tirare calci a un pallone, nel produrre suoni da uno strumento musicale, nel recitare la poesiola mandata a memoria a scuola per il Natale 
nelle riunioni familiari. Alcuni li vogliono vestiti e pettinati come piace a loro, desiderano che aderiscano alle loro idee politiche o religiose e si aspettano che amino lo stesso genere di musica, di film e di libri.

Berthe Morisot, La gabbia, 1885

Ci sono quelli che qualche volta, senza accorgersene, si servono dei figli come surrogato di ciò che non hanno. Per esempio quando sono infelici nei loro rapporti di coppia, che trascinano stancamente avanti per abitudine e bisogno di sicurezza, senza più la capacità di guardarsi negli occhi avendo perso quella di costruire creativamente una relazione che si trasforma e per questo dura nel tempo.


Berthe Morisot, In giardino, 1874
Lo stesso fanno quelli che sono infelici e pieni di rabbia perché, al contrario, hanno rotto un rapporto finito senza un gesto di tenerezza e scordando che l’altro era la persona con la quale avevano condiviso un sogno. In questo secondo caso i figli possono anche diventare lo strumento cieco di una stupida vendetta che crea infelicità in progressione geometrica. La famiglia si trasforma, allora, nell’inferno sulla terra.

Berthe Morisot, Il porto a Lorient, 1869
Forse, se tutto questo accade, dipende dal fatto che continuiamo a coltivare un’idea dell’amore legata alla conferma di sé e al possesso dell’altro invece che al desiderio della sua felicità, dunque al rispetto di ogni sua differenza e del suo diritto a volere cambiare se stesso nel tempo. Lo iberniamo in un’immagine senza prestare ascolto e assecondare la sua voglia di migliorarsi e in questo modo uccidiamo l’amore. Ad amare si impara e non c'è nessun istinto, neanche quello materno o paterno, a garantirci di esserne in grado.

Berthe Morisot, In veranda, 1884

9 commenti:

  1. Antonella. Hai scritto ció che penso, che ho sempre pensato e te ne sono grata: lo hai fatto in ogni caso meglio di me! Non posso aggiungere altro! Ada

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  2. Purtroppo sono ancora in troppi a pensare che la genitorialità sia un istinto e che i figli siano proprietà privata di chi li mette al mondo biologicamente.

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  3. sono affascinata dai dipinti di Berthe Morisot. Mi riprendo e penso all'importante tema proposto, di cui le parole non sarebbero mai abbastanza. Mi vengono in mente molte famiglie disastrate che concepiscono figli senza chiedersi il perchè e sono molte. Alle famiglie "per bene" che fanno calcoli per vedere se il costo di un figlio può incidere troppo sull'andamento domestico, così si fermano ad uno. Poi ci sono tutti i motivi di cui hai accennato, tanto che spesso la sacralità dell'individuo ed il suo rispetto viene sicuramente a mancare. Allora mi chiedo, perchè ho due figli. So di averli desiderati, Mi chiedo perchè? Per leggere loro le favole, forse, forse per riprendere a giocare, forse perchè è un amore inspiegabile. Sono famiglia, generazione a confronto, il futuro, la crescita del mondo, d uno sviluppo diverso con la nostra mentalità, una discussione. Per me sono una scoperta ed un meraviglia, un miracolo che si ripete ogni giorno. Per me almeno. Ma la realtà ci insegna e spiega molte altre cose, i fatti di cronaca ci fanno inorridire, per ristabilire un giusto equilibrio bisognerebbe quasi tornare alle famiglie patriarcali o matriarcali, le grandi famiglie. Il progresso, anche se utile ci ha portato lontano in questo caso, forse verso la solitudine, dei figli, dei nonni, di noi stessi.

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  4. Siamo in sintonia sul modo di vivere la genitorialità. Riprendere a giocare e prendersi cura della propria infanzia attraverso quella dei bambini è uno degli aspetti più belli dell'avere figli, insieme all'altro: aiutarli a diventare autonomi, ad avere il coraggio di rispettare i propri sogni anche rischiando di deluderci un po' nel percorso. Non è sempre facile, ma secondo me dobbiamo provarci, con indulgenza anche verso i nostri errori. Il caso, invece, da cui nasce il post, è un altro discorso e non capisco quelli che dicono che la decisione del magistrato è una crudeltà. Si considera solo il punto di vista dei genitori e dei nonni e non quello del bambino che non può difendersi. Far vedere a tempo, come ora hanno deciso modificando la prima posizione, è forse peggio perché se continua la cosa il bambino si troverà di fronte a conflitti troppo grandi per lui. Quanto a Berthe Morisot la mia è una vecchia passione per quella sua capacità di cogliere i piccoli momenti dell'intimità femminile, davanti allo specchio come davanti a un libro o alla natura.

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  5. Infatti ho scritto di getto un' opinione in merito all'argomento trattato, consapevole di non aver accennato al punto principale . Una questione delicatissima, da brividi. Hai ragione, non c'è tempo da perdere, la vita di un bambino è importante fin dai primi giorni. Ha bisogno di calore, serenità, suoni di pace, voci rassicuranti, carillon. Purtroppo dove esiste miseria mentale, non la si risolve perchè è subentrata una maternità o paternità. Non si può dare una possibilità, fare un tentativo, presupporre la redenzione o altro giocando a dadi con la vita di un individuo.

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  6. E' proprio questo che chi parla di "crudeltà" non capisce. Considera i figli delle proprietà e pensa che la maternità sia un istinto naturale che garantisce di per sé l'amore per il figlio. Ieri a un telegiornale hanno detto: "Il piccolo Achlle dovrà aspettare per abbracciare la mamma." Vergognoso. Che ne sa il piccolo Achille di chi è la mamma? E chi lo difende, visto che non può farlo da solo, dalla possibilità di finire in mano a due persone disturbate così gravemente? Sarebbe diverso se la madre avesse commesso un reato tipo furto o prostituzione e allora mi porrei il problema, ma qui stiamo parlando di due (non c'è solo la mamma) psicopatici. Lui faceva il marchio della propria iniziale sul corpo delle donne con cui stava, ma ci rendiamo conto? Con il passare del tempo e vedendo i media mi viene un atroce sospetto che voglio cacciare indietro: a una bocconiana si concede più facilmente ogni beneficio, perdono, attenuante eccetera.

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  7. E stamattina ci si mette anche Don Mazzi.

    Perché mai un bambino dovrebbe rimanere con una acidificatrice?

    E, se accadesse davvero (ma spero proprio di no), allora del diritto del padre cosa ne facciamo? La legge Finocchiaro (Finocchiaro! PD! ricordiamocelo) mi sembra ESTREMAMENTE discriminatoria nei confronti del padre. Le madri possono stare all'ICAM e i padri no? Mi ricordate come recita l'artiolo 3 della nostra Costituzione? Ma tanto non conta un cazzo... Tanto il PD sta cominciando a distruggerla!

    Copio da qui:

    La minore tutela della figura paterna nel suo ruolo genitoriale (che non ha ricevuto quasi per nulla considerazione nemmeno nella legge Finocchiaro), appare essere un grave problema allo sviluppo dell’affettività del bambino in quanto raramente viene contemplata quale pari opportunità rispetto alla madre.

    L’ordinamento penitenziario non considerava, e non lo considera tuttora, il problema della paternità come un problema a sé stante, ma solo come secondario rispetto a quello della maternità: la nuova legge, infatti, viene applicata anche ai padri solo nel caso in cui la madre sia morta o sia nell’impossibilità di assistere i figli. Se anche il padre del bambino è detenuto, ad esempio, non vi è alcuna possibilità che si possa occupare del figlio o abbia contatti con lui, se non in caso di permessi premio. Questo contribuisce a rafforzare l’impressione che secondo la normativa carceraria, lo sviluppo di un bambino dovrebbe essere compito esclusivo delle donne, nei confronti delle quali tuttavia l’istituzione non prevede ancora nemmeno oggi, nonostante i notevoli passi in avanti, strumenti di sostegno adeguati alla particolarità della situazione.

    Negli ultimi tempi sono stati condotti numerosi studi sul rapporto padre-figlio che hanno evidenziato un cambiamento di tendenza rispetto ad un’esclusiva presenza della figura materna nei primi tre anni di vita del figlio: la figura paterna è risultata essere importante non solo per il sostegno che può offrire alla madre, impegnata in prima persona nel rapporto con il figlio, ma anche come intervento diretto in un proprio ed originale rapporto con il figlio. "Il padre non è soltanto un modesto sostituto della madre; egli fornisce un contributo ben preciso alla cura e allo sviluppo di neonati e bambini piccoli (…). Il padre, quando gli viene offerta l’opportunità, diventa attivamente coinvolto con il suo neonato. Anche se padre e madre sono ugualmente coinvolti con il loro bambino, lo sono in modo diverso fin dall’inizio".

    L’assenza della figura paterna prima dei quattro o cinque anni sembra avere sullo sviluppo della personalità del bambino un effetto più disorganizzante dell’assenza iniziata in età successiva.

    Purtroppo questa materia necessita di modifiche ed interventi che la legge Finocchiaro non ha fatto, essendo destinata alla tutela dell’infanzia e della maternità soltanto; dai risultati di studi e ricerche riportati però, si nota che il problema è conosciuto ed è stato studiato ed analizzato, sia dal punto di vista psicologico che giuridico; speriamo che anche in questo campo si giunga al più presto a risultati positivi.


    Comunque, per essere estremamente chiaro:

    1.Spero che nessun giudice permetta ad Achille di essere cresciuto da quei genitori.

    2.Spero che il superamento del maschilismo non sia il femminismo che esce da certe leggi o dai continui pronunciamenti di giudici che nel caso di separazioni continuano quasi sempre ad affidare i figli alle madri (qui una disamina di come la legge sull'affido condiviso sia stata in realtà boicottata anche dai giudici).

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    1. Il paternalismo di Don Mazzi ("Dateli a me che li redimo!") non si regge!
      Sono d'accordo su quello che scrivi, compresa la riflessione sui padri e il pregiudizio sulla presunta naturale bontà o superiorità delle madri nel desiderio di prendersi cura.

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  8. So bene che non c'entra nulla con l'articolo, però ad una certa età i figli se ne dovrebbero andare , e i loro problemi sono i loro e i miei problemi sono i miei, sfoghino e chiuso qui.

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