venerdì 10 luglio 2015

Di giochi e di viaggi immaginari.

Questa e le successive immagini sono relative a
"I 400 colpi" di  
François Truffaut
A volte, guardandoci alle spalle, ripensiamo qualche persona che non frequentiamo più con un senso di stupore. Ci chiediamo, infatti, come abbiamo potuto essere amici, tanta è la distanza attuale.


Capita anche che quelle stesse persone le incontriamo per strada o che leggiamo in rete le loro parole. Sono cambiate, non erano così. Pensiamo questo, ma in realtà, forse, siamo noi a essere cambiati, a non riuscire più a sognare il volto bello dell’altro e a disvelarlo lasciando che a sua volta sogni e disveli il nostro.




Ci si sente un po’ più soli di fronte a qualcuno che non riconosciamo più. Poi guardiamo avanti e accanto a noi, alla rete di amicizie che sopravvive al tempo, ma anche ai nuovi amici incontrati strada facendo. In fondo, pensiamo, siamo rimasti bambini. “Allora prendo le mie cose e vado a giocare davanti al mio uscio!”. Dicevamo da piccoli dopo un'incomprensione, per sancire una distanza.






Perché nel mio piccolo paese giocavamo in strada, liberi. Portavamo giocattoli o oggetti di accatto - cianfrusaglie delle cantine, stracci riesumati da vecchi bauli, foglie, fiori e sassi raccolti sul ciglio della strada  - davanti alla porta di qualcuno di noi o su qualche gradinata e li cominciava il viaggio. Come Antoine, a volte, ci avvolgevamo delle parole di un libro per sognare. Come Antoine, poi, finivamo sempre per prendere il volo e correre e correre lontano, dalla nostra collina al mare.





Com'è bello, Antoine che corre attraverso il bosco, lontano dal collegio e dalla sua disciplina sadica e insensata, da ogni incomprensione, dall'angustia delle alte mura e del nero corteo di banchi di scuola! Corre finché per la prima volta respira, con gli occhi e con la mente, l'immensa, aperta distesa del mare.





Senza neanche togliersi le scarpe si abbandona, lentamente, alle carezze dell'acqua; e così ci lascia l'immagine inquieta di uno sguardo stupito, capace di legare insieme i ricordi di tristezza e la possibile felicità del presente.



2 commenti:

  1. La corsa senza fine sempre uguale verso là,il mare è una delle sequenze che amo di più in questo film.Finalmente Antoine respira aria pura!Questo film ogni volta che lo guardo,e sono tante le volte che l'ho guardato e riguardato,mi fa venire alla mente me bambina di periferia,che giocavo con il nulla ma con il nulla mi costruivo un mondo intero.La polvere sulle scarpe le fughe tra bambini l'indifferenza di certi adulti....E' bello lasciarsi prendere per mano da Antoine è come prendersi/prendere per mano quella bambina là ed malinconicamente dolce! Grazie per questo Blog!

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  2. Dopo un po' che non si frequenta una persona si tende ad idealizzarla. O forse a cristallizarla. Ma tutti noi cambiamo. Questa sera durante una lunga passeggiata post-prandiale per le vie di Pisa raccontavo a mia figlia alcuni aneddoti della mia vita da studente in questa città. E mentre chiaccheravo pensavo tra me e me che nessuna cellula del mio corpo di allora, 40 anni fa, era ancora viva adesso. Dal punto di vista prettamente fisico io adesso sono letteralmente un diverso essere rispetto ad allora. Eppure continuavo a raccontare di me come se io fossi lo stesso di allora. Strane queste anime che vogliono provare l'esperienza di un giro di giostra in questo universo abitando in una carcassa di pelle e ossa che cambia completamente e rapidamente ogni pochi anni.

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