Le palpebre sono come due piccoli sipari che ritmicamente si sollevano e
si abbassano ogni qualche secondo perché non potremmo reggere, senza
interruzione, lo sguardo sul mondo. Lo so, la spiegazione medico-tecnica è
un’altra ed è legata alla necessità di umidificare gli occhi proprio attraverso le
palpebre. Non dico mica che non sia vera.
Dico che non è tutto, che c’è
anche una possibile spiegazione metaforica che mi piace considerare. Le palpebre si abbassano quando
dormiamo, la notte. Le palpebre si abbassano quando vogliamo aspirare un
profumo o siamo rapiti da un odore che ci riporta intatto il passato. Le
palpebre si abbassano quando ci stringiamo forte a qualcuno e quando lo
baciamo. E poi, buffa cosa, la pupilla in fondo non è che un orifizio, in termini
più banali un buco piccolo piccolo che porta dentro di noi. Le palpebre declinano il nostro vivere due dimensioni: quella del mondo in cui siamo collocati e quella interna.
Ecco: uno dei motivi – ma certo non l’unico - per i quali mi è piaciuto
molto questo film è perché rende protagonista lo sguardo; direi che gioca tutto
sullo sguardo. Sono gli occhi delle due donne che parlano, sempre in
primo piano, con quel sipario costituito dalle palpebre che si abbassano
ritmicamente e si riaprono.
Gli occhi che si fanno brillanti e intensi o
sfuggenti e lontani, lo sguardo ora dritto e deciso, ora in tralice e
malizioso, allusivo, interrogativo. Gli occhi che si fanno lucidi di lacrime
di dolore o di emozione e di gioia.
Guardarsi senza parlare – le parole verranno dopo – vuol dire ascoltare la
passione, renderla protagonista delle nostre relazioni, avere il coraggio di
seguirne i suggerimenti, la voce irresistibile.
Tra le tanti recensioni ho letto anche questa in cui ho scoperto due cose che ignoravo: il regista è omosessuale e il romanzo da cui è tratto il film è di Patricia Highsmith.
RispondiEliminaNon sapevo nemmeno io che il regista è omosessuale. Per quanto riguarda la recensione a cui hai messo il link: sono più d'accordo con quanto hai scritto tu e cioè che Rooney Mara è molto brava e può stare al passo con Cate Blanchett; ma soprattutto è bello il personaggio di Therese che non trovo affatto debole. Mi è piaciuto (e forse mi sono un po' identificata in questo aspetto) quel suo fotografare tutto, cercare di fermare l'unità di tempo più inafferrabile.
RispondiElimina