Foto di famiglia patriarcale trovata in rete La famiglia nucleare - due adulti e due o tre bambini, ma meglio due - presentata da alcuni come "naturale", è un modello relativamente recente. |
Foto di famiglia patriarcale trovata in rete |
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Siamo quattro e ognuno vive in una diversa città. Uno di noi
al di là di un mare. Facciamo qualche volta discussioni che sembrano litigi e
non lo sono per davvero. Ci accaloriamo come fossimo Ministri di un fantomatico Governo del
Mondo su questioni vitali o di poco conto allo stesso modo; per esempio sulle
pale eoliche poste nel dorso delle colline dell’infanzia, ma su qualsiasi atro
argomento ci venga in mente quando ci vediamo.
Da pochi mesi, da quando nostra
madre non c’è più, noi quattro ci ritroviamo, senza dircelo con parole, avvolti
nella stessa sensazione di disorientamento. Così ci muoviamo tra stanze e
oggetti improvvisamente muti; ora sono loro a interrogare noi sul perché e sul
senso invece di rassicurarci. Cos’è “famiglia”? Mi chiedevo ieri sera pensando
a questo.
Fin da quando ero studentessa di liceo ho sempre pensato che il
matrimonio di per sé non garantisce niente, né la durata né il coinvolgimento
autentico; non di rado serve, anzi, per iniziare un percorso piuttosto
catastrofico di nascondimento delle ombre. Nemmeno essere fratelli o sorelle di
per sé garantisce la qualità del rapporto.
Anche quando il legame è
di sangue bisogna continuare a riconoscerne il seme, il frutto e il fiore, a
non darlo mai per scontato, a scoprire ciò che divide e ciò che rende simili; a
regalare, infine, la sincerità dello sguardo e della parola.
Cos’è “famiglia”?
Ieri sera me lo chiedevo ascoltando uno dei miei fratelli suonare, osservando
le sue mani sui tasti bianchi e neri, come tante altre volte a casa o fuori, e
i suoi piedi sui lunghi tasti di legno alla base dell’organo. In Italia
purtroppo non si usa, anche se è un’antica tradizione, ma all’estero sì e a lui
piace farlo: improvvisare, alla fine di un concerto, su un tema dato da un altro.
Così lo
osservavo mentre suonando metteva in dialogo gli opposti: il morbido e il duro,
il rotondo e lo spigoloso, il dissonante e l’armonico, il delicato e il
fragoroso e intanto pensavo che faccio lo stesso con le mie ricette di cucina
improvvisate, ma anche, in una dimensione considerata più nobile, con i
temi sui quali ragiono e studio tracciando legami paradossali tra territori
semanticamente distanti.
La fragilità che può essere forza, la solitudine che è
base per la relazione, la creazione che è del singolo, ma nasce dal dono che ha
ricevuto da altri e ancora di questo passo. Siamo uguali in questo – mi dicevo
ascoltandolo suonare - eppure siamo molto diversi; e mi sembrava di capire cos’è
famiglia.
Pensavo anche alla generazione di mia madre, così distante dalla mia, e
a lei così lontana, ma così vicina insieme; pensavo al nostro diverso modo di interpretare
l’essere donna; perché nonostante la differenza di personalità e di idee, è lei che mi ha insegnato la fierezza e l’importanza, proprio
per una donna, dell’autonomia materiale e di giudizio.
No, non c’è bisogno di
un contratto per sapere cos’è famiglia; anzi, il bisogno di ratificarlo in
fretta e di esibirlo al mondo, quel tipico e ripetitivo mostrare sempre quanto ci si ama e si sta
bene insieme, sembra che serva per rassicurare se stessi mentendo a se stessi e
assomiglia, a volte, a una dichiarazione di sconfitta.
La grande famiglia allargata al pranzo di Natale Questa e le successive immagini sono tratte da "Fanny e Alexander" |
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