Robert Doisneau, L'ultimo valzer del 14 luglio 1949 |
L’ho saputo da un sms, di
quegli spari e di quei morti, mentre tornavo a casa dopo una tranquilla cena da
amici. Ho acceso la televisione, cosa che faccio di rado, e ascoltato immobile
e silenziosa fino a tarda ora. Non sono riuscita a scriverne niente neanche
ieri o oggi. Non ho trovato le parole ed è strano per una che ama giocarci e
condividerle e che ne scrive molte, a volte anche solo per se stessa.
Robert Doisneau, La cavalleria di Campo di Marte, Parigi |
Avrei potuto dire delle armi e di chi le vende e di dove si fabbricano. Avrei potuto ipotizzare
qualcosa sulle origini di tutta questa violenza e sulle sue diramazioni in
molti rivoli paralleli, diversi dei quali quasi invisibili, forse perché le vittime ci
assomigliano meno di queste ultime e chi vuole può ignorarle. Non mi è sembrato
necessario. Non avrei convinto chi fin dal primo momento si è dedicato allo
sciacallaggio e non avrei aggiunto niente per chi, invece, ha un punto di vista
più affine al mio. Erano quasi tutti ragazzi giovani, si divertivano, erano
andati lì per sentire la musica. Insensatezza: non ho trovato altre parole,
nonostante avessi molte considerazioni razionali a disposizione.
Insensatezza. Non ho trovato le parole, ma del resto mi capita sempre quando lo
stupore dell’inimmaginabile sovrasta ogni altro sentimento e sembra quasi
togliere il fiato. In fondo, poi, non c’è niente di diverso tra questo stupore e
quello che proviamo quando nel nostro microcosmo irrompe il dolore
inaspettato, la verità che non avresti mai immaginato e che sembra d’un colpo togliere
di senso a molti anni di vita. Sono andata al cinema stasera e di questo
parlava il film.
No, non della violenza collettiva, ma dell’insensatezza che
arriva improvvisa nel proprio piccolo mondo intimo mostrando un’altra
verità rispetto a quella in cui credevi e tutto sembra crollarti addosso perché
non capisci, forse non sai più chi sei e se hai confidato in qualcosa che non è
mai esistita.
E c’era quella canzone dei Platters come colonna sonora del film e qualcuno che cantava che no,
non stava piangendo, ma era solo il fumo della sigaretta che faceva lacrimare i
suoi occhi.
Guardo le vetrine di Corso Italia, sulla
strada del ritorno. Quell’anticipo di bagliori natalizi, tra i manichini e i
ninnoli, ha qualcosa di spettrale. Allora stringo i pugni in tasca e affretto il passo.
Les coiffeuses au soleil
RispondiEliminaGrazie!
EliminaNei tuoi pensieri, parole e sentimenti, ho sentito ciò che più si avvicina al mio stato d'animo e che non avrei saputo esprimere. Una sensazione forte di sconcerto, di dolore che non vuole andarsene, di una realtà in cui vengono frantumate delle credenze e perdono di senso parole come "positività"-"ottimismo"-"allegria" e che forse possiamo sostituire con "speranza", ma neanche la speranza consola. Così andiamo avanti, ci trasciniamo forse, con tutto il peso di un massacro nel cuore. Ma come è possibile, come, che degli uomini arrivino a tanto! E mi vengono in mente tanti altri drammi storici di cui il Polite ogni tanto ci induce a non dimenticare con i suoi post, e sempre come il Polite dico: Mi fa tanto male il mondo.
RispondiEliminaho ricordato in modo lucidissimo l'11 settembre 2001 quando mio figlio 12enne mi disse di accendere la tv perché è successa una cosa gravissima... sarà una rivoluzione ...aveva gli occhi sbarrati e le braccia aperte..
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